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Il DOW non è quel che sembra: è peggio |
Il DOW non è quel che sembra: è peggio
17
Aprile 2001
Chi
pensa che il Dow Jones l’indice borsistico più seguito al mondo sia sull'orlo
del mercato orso ma e' convinto che non ci sia ancora arrivato perchè non ha
perso oltre il 20%, come invece ha fatto l'S&P 500, e tutti gli altri indici
europei Italia compresa, dovrebbe forse ricredersi (grafici 1, 2, 3).
La
ragione e' semplice: il Dow Jones non e' un indice ponderato (come
l'S&P 500 e tutti gli altri) ma esprime la media
matematica dell'andamento dei prezzi dei trenta titoli che rappresenta.
Un'altra
considerazione getta ancora più luce sulla questione.
Tra
le 21 blue chip che hanno perso dal 14 gennaio 2000 al 9 aprile, sono
rappresentate egualmente sia la 'new economy' (Hewlette-Packard, Intel, IBM e
Microsoft) sia la 'old economy' (Procter & Gamble, Exxon Mobil).
Com'e'
possibile che il Dow dia uno spaccato così irrealistico della congiuntura del
mercato?
Questi
ultimi sono tutti ponderati e usati con rispetto dalla comunità finanziaria
internazionale. Ma la struttura del
Dow, creato da Charles H. Dow il 26 maggio 1896
come una media matematica dei principali titoli ritenuti "benchmark"
del mercato, non e' invece cambiata.
Fonte Wall Street Italia.com
The Falconi report: attenzione agli Hedge fund
14
Aprile 2001
17:55 New
York
“I money managers delle maggiori societa’ europee si stanno
precipitando nel mercato degli hedge funds. Alcuni rimpiangeranno la scelta.”
The Economist,
“…uno studio recente … dubita che gli hedge funds siano veramente
il Sacro Graal degli investimenti.” The Wall Street Journal,
Quando il mercato rallenta, tornano alla ribalta gli hedge funds. La
ragione e’ semplice: a differenza di un fondo d’investimento tradizionale,
l’andamento di un hedge fund e’ neutro oppure addirittura inverso rispetto a
quello del mercato.
In altre parole, un hedge fund deve fornire un rendimento adeguato
indipendentemente dal fatto che il mercato salga o scenda (nel qual caso si dice
che ha correlazione zero, o neutra), oppure soltanto quando il mercato scende
(correlazione negativa, o controtendenza).
Di conseguenza questi fondi tendono a passare inosservati nei periodi di
'bull market', ma tornano d’attualita’ quando il mercato rallenta.
Vale dunque la pena di dare un’occhiata ai principi teorici su cui si
basano questi strumenti d’investimento, tutto sommato abbastanza esoterici.
L’inventore degli hedge funds e’ universalmente considerato Alford
Winslow Jones, un australiano che, dopo aver conseguito una laurea ad Harvard,
inizio’ daprima una carriera diplomatica in Germania e Spagna negli anni venti
e trenta (cfr. Hedge Funds, by Jesse Lederman and Robert Kline). Piu’ tardi
divenne giornalista per Time e Fortune, e infine comincio’ una nuova carriera,
la quinta second I sui biografi, in qualita’ di manager di un hedge fund.
Il manager di un fondo d’investimento tradizionale generalmente cerca
di prevenire il mercato. Se e’ bravo, riuscira’ generalmente a vendere ad
altro prezzo ed aquistare a basso prezzo. Di conseguenza il rendimento di un
fondo tradizionale e’ funzione del tempismo delle decisioni del manager. Il
modello di Jones, viceversa, introduce tre nuovi elementi:
1) L’abilita’ di andare corto (go short). Il managers di un hedge
fund puo’ assumere posizioni short, cioe’ vendere titoli che non sono di sua
proprieta’. Per far cio’, prende I titoli a prestito dal proprietario, a cui
li restituira’ in un secondo tempo, e li vende. In effetti, questo equivale a
scommettere che I titoli potranno essere riacquistati in un secondo tempo ad un
prezzo inferiore a quello a cui sono stati venduti. Se il mercato scende la
scommessa e’ vinta, altrimenti e’ persa (controtendenza, o correlazione
negativa).
2) Il leverage (prestito). Il manager di un hedge fund non si limita ad
utilizzare il capitale del fondo. Normalmente usa anche denaro preso a prestito,
tipicamente nella proporzione di 2 a 1, il che significa che investe due dollari
per ogni dollaro preso a prestito. Il fatto di usare denaro a prestito consente
al manager di aumentare il rendimento delle sue decisioni, dato che gli consente
di investire piu’ denaro di quanto il fondo abbia disponibile. Se per esempio
il costo del denaro (tasso di interesse) e’ del 6% e il rendimento complessivo
e’ del 10 %, una proporzione di 2 a 1 produrra’ un rendimento effettivo =
10% x 2 = 20% - 6% = 14%. Purtroppo pero’ c’e’ l’altra faccia della
medaglia: se il manager ha commesso un errore nel prevedere la tendenza del
mercato, l’aver usato denaro in prestito amplifica la relativa perdita. E’
il caso, recente e famoso, del crack della Long Term Capital Management,
societa’ americana vittima di una serie di previsioni sbagliate rese ancora
piu’ gravi dal fatto che usava denaro in prestito in proporzione di oltre 5 a
1.
3) Commissioni piu’ elevate. Ogni fondo d’investimento impone una
commissione che va dall’1 al 2%. Gli hedge funds esigono una commissione
aggiuntiva che puo’ arrivare sino al 20% del rendimento, il che contribuisce
alla loro popolarita’ agli occhi dei managers. In certi casi la commissione
aggiuntiva e’ subordinata al raggiungimento di un livello di rendimento
predeterminato, chiamato “hurdle rate”.
Fin qui il modello originale. I fondi moderni, tuttavia, sono ancora
piu’ complessi. In primo luogo perche’ investono non soltanto in azioni od
obbligazioni, ma anche in una vasta gamma di strumenti, tra I quali valute,
commodities e titoli derivati (derivatives).
Spesso questi investimenti non sono liquidi (per esempio perche’ non
sono trattati in borsa), il che rende problematico calcolarne il valore e, di
conseguenza, il rendimento del fondo.
L’articolo del Wall Street Journal citato sopra fa notare che in casi
estremi un hedge fund puo’ sembrare immune da un crollo del mercato
semplicemente perche’ I titoli in portafogli non sono liquidi e nel periodo
considerato nessuno ne ha trattato la vendita o l’acquisto in borsa.
Il problema della valutazione di un hedge fund e’ stato trattato a
fondo in uno studio recentemente pubblicato da tre esperti del settore (Do Hedge
Funds Hedge ? by Clifford Assness, Robert Krail and John Liew of AQR Capital
Management LLC, reperibile in formato Acrobat presso www.hedgeworld.com).
Ma non finisce qui. Per isolare il suo fondo dalla tendenza prevalente
nel mercato, il manager di un hedge fund fa ricorso ad una vasta gamma di
strategie d’investimento, molte delle quali fanno ricorso all’arbitrage.
Col risultato di rendere oltremodo difficile l’analisi del rendimento
e del rischio insiti nel fondo, e di limitarne in pratica l’accesso agli
investitori professionisti e ad un ristretto numero di grandi patrimoni, I cui
amministratori si presumono esperti.
Ad esempio, mentre il manager di un fondo d’investimento tradizionale
si trova di fronte a scelte obbligate, essenzialmente buy (compra), sell (vendi)
oppure hold (tieni in portafoglio), il manager di un hedge fund puo’ optare
per una strategia detta “convertible arbitrage” che consiste nel comperare
(long) obbligazioni convertibili di una societa’, e contemporaneamente vendere
“short” azioni della medesima societa’ prese a prestito.
Questo equivale a fare contemporaneamente due scommesse sulla stessa
societa’, basate sulla differenza di prezzo tra l’azione e l’obbligazione
convertibile. Se il prezzo del titolo sale, l’obbligazione sara’
convertibile in un titolo di prezzo piu’ elevato, e il fondo intaschera’ la
differenza sulle posizioni “long”.
Se, viceversa, il titolo dovesse scendere, le azioni vendute “short”
potranno essere riacquistate ad un prezzo piu’ basso e il fondo intaschera’
la differenza sulle posizioni “short”.
Il risultato teorico e’ di rimanere indipendenti dall’andamento del
mercato (dico “risultato teorico” perche’ all’atto pratico il rendimento
e’ funzione anche della differenza tra il prezzo dell’obbligazione e quello
dell’azione che la sostiene, il che rende l’analisi ancora piu complessa).
Altre strategie comportano l’investimento in mercati emergenti, e
l’investimento in funzione di eventi futuri (event-driven). In quest’ultimo
caso, il manager fa leva sulla previsione che una imminente decisione aziendale
possa influire sul prezzo del titolo.
Il fondo, per esempio, potrebbe essere indotto ad acquistare azioni di
una societa’ in stato fallimentare (distressed securities), ad un prezzo
minimo e ben al di sotto del valore nominale, nella convinzione che un imminente
cambiamento al vertice dell’azienda la riportera’ in attivo.
Oppure il fondo puo’ seguire una strategia di arbitrage del rischio,
investendo simultaneamente long e short in due aziende che stanno per fondersi.
All’inizio della trattativa tra le due aziende, e’ normale che si formi un
divario tra il prezzo del titolo acquirente e quello del titolo acquisito.
Questo divario riflette il rischio che la fusione non avvenga, per
esempio per violazione dele norme anti-trust. Quando la fusione finalmente
avviene, il divario tra I prezzi sparisce. La strategia del fondo in questo caso
e’ di comprare il titolo della societa’ che viene venduta, e vendere
“short” quello della societa’ acquirente.
Tutto cio’ equivale a due scommesse opposte e che si in gran parte si
compensano, indipendentemente dalla tendenza del mercato.
Questa varieta’ di strategie comporta necessariamente una gestione
estremamente rapida ed aggressiva, onde trarre vantaggio dalla volatilita’ del
mercato.
Di conseguenza gli hedge funds tendono ad essere
medio-piccoli: ben
pochi eccedono il miliardo di dollari di capitale investito, e moltissimi sono
ben al di sotto.
La ragione e’ ovvia: investimenti cospicui non si prestano ad essere
acquisiti o liquidati rapidamente. Inoltre questi fondi sono generalmente
gestiti da piccole societa’ indipendenti, vere e proprie boutiques
d’investimento, anziche’ dalle grandi firme.
Come si vede, investire in un hedge fund puo’ essere una buona idea in
questi tempi di turbolenza del mercato – purche’ l’investitore sappia
quello che fa, dal momento che l’argomento e’ complesso e non alla portata
di tutti.
Quel che precede e’ una semplice introduzione: chi volesse saperne di
piu’ potra’ consultare Hedge Funds, di Jesse Lederman e Robert Kline,
nonche’ I siti seguenti:
· www.hedgeindex.com:
la sede dell’indice piu rispettato del settore, il First Boston Credit Suisse
/ Tremont index. · www.hedgeworld.com:
notizie, analisi e ricerca applicata sugli hedge funds. · www.vanhedge.com:
offre consulenza ed un buon database sull’argomento.
Per finire, vale la pena di consultare gli esperti del settore, come
Charles J Brickner, della societa’ Noddings Investment,che ho conosciuto ad
una conferenza di investment management e che per primo ha suscitato la mia
curiosita’ su questo interessante argomento.
* Stefano Falconi e' direttore finanziario del Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Cambridge, Massachussets.
14
Aprile 2001
17:55 New
York
Fonte Wall Street Italia.com