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Gli USA verso una nuova bolla Hi-tech ? |
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Previsioni per l'anno che verrà
21
Dicembre 2002
Anche questa volta i nostri sospetti erano fondati e i mercati azionari hanno
dimostrato la loro fragilità proprio nel mese in cui tutti scommettevano sul
rally di fine anno (complice
la vicenda irachena ma non solo).
E’
necessario definire almeno due scenari possibili per l’anno 2003 visto
che la guerra rappresenta un grandissimo incognita per i riflessi che avrà sul
tessuto macroeconomico planetario.
Per
descrivere entrambi bisogna porsi
due domande fondamentali: per quale
motivo l’America di G. W. Bush vuole ad ogni costo la guerra contro l’Iraq ?
Andando
oltre qualunque motivazione di carattere politico, religioso o etico secondo noi
la risposta a questa domanda risiede in un’
unica variabile macroeconomica conosciuta ai più con il nome di PETROLIO.
SCENARIO
1 :
Nel
caso in cui la guerra che spodesterà Saddam Hussein fosse una guerra lampo,
come nel ’90, i precari equilibri dello scacchiere medio-orientale verrebbero
mantenuti; una breve guerra costerebbe agli Stati Uniti circa venti miliardi di
dollari, cifra ingente ma ben poca cosa se confrontata al ritorno che questo
“investimento” darà all’economia e all’immagine americana nel suo
complesso. Nel caso di una guerra rapida il prezzo
del petrolio non sarebbe un problema poiché, ad una prima impennata dovuta
all’esplosione del conflitto e ai timori di una sua estensione, seguirebbe un
vistoso calo. E’ bene ricordare che dalla prima
guerra del Golfo il flusso di greggio esportato dall’Iraq verso i paesi
occidentali, a causa delle sanzioni ONU, si è ridotto a un rivolo e di
conseguenza, l’instaurazione di un regime filo-occidentale a Bagdad
consentirebbe all’Iraq di inondare il mercato con il suo greggio facendone
crollare il prezzo (circa 15$) e, probabilmente, spezzando il monopolio Opec
sull’oro nero (con grande piacere della Russia che non fa parte dell’OPEC),
facilitando la ripresa economica mondiale.
SCENARIO
2 :
Se
invece, il conflitto iracheno fosse prolungato ed esteso, il prezzo del petrolio
volerebbe oltre i 40$ al barile per molto tempo e ciò significherebbe il
tracollo economico non solo per gli U.S.A. ma per tutti.
Inoltre, se quella contro l’Iraq non fosse una guerra chirurgica e veloce, ma
fosse una guerra lenta ed estesa ad altri paesi ed infiammasse il sentimento
anti-americano, il dollaro ne soffrirebbe. Per
convincere l’opinione pubblica a sottoscrivere l’intervento in Iraq,
infatti, George W. Bush promette implicitamente una guerra breve e relativamente
indolore, almeno per gli Americani e
i loro alleati. Se le cose andassero diversamente, il prestigio degli
Stati Uniti e la loro aurea di invincibilità ne risentirebbero. Se gli
investitori internazionali abbandonassero in forze gli
Stati Uniti sia il dollaro che le Borse americane subirebbero correzioni
profonde e di lungo periodo con effetti devastanti sull’economia.
E’
ovvio che due saranno le strategie di investimento in funzione dei due scenari
possibili ma oggi, prima che tutto ciò avvenga (potrebbe anche non esserci
nessuna guerra) come dobbiamo muoverci ?
Un
ritorno dei mercati azionari ai minimi di ottobre 2002 è molto probabile
(come già detto nei bollettini precedenti)
ma attualmente non possiamo neanche scartare l’ipotesi di un forte rimbalzo
(poco probabile) perciò, 27000 di
MIB30 rappresenta un buon livello di acquisto sulla forza rialzista mentre 20000
rappresenta un ottimo livello di vendita sulla forza ribassista con potenziale
obiettivo quota 15000 / 16000.
In
questa situazione indecisa l’euro è da preferire al dollaro e specialmente le
obbligazioni denominate in euro potrebbero riservare discrete soddisfazioni in
ottica di breve (in caso di guerra comunque si naviga a vista). L’oro
rappresenta l’investimento tipico
di questi periodi in quanto bene rifugio e anche questa volta non si è smentito
sfondando quota 320$ l’oncia la scorsa settimana (obiettivo possibile 400$).
Il petrolio sembra una variabile impazzita passando da 27$ al barile ai 32$ in
sole due settimane.
Mantenere
una buona dose di liquidità
potrebbe essere interessante al fine
di non cadere nei falsi segnali dovuti alla volatilità dei mercati tipica di
queste fasi storiche.
Anche
vendere allo scoperto potrebbe essere profittevole seppur pericoloso visto che
un possibile obiettivo ribassista per il Dow Jones è a quota 5500.
Non
è comunque da escludere che l’anno 2003 nonostante i crolli probabili possa
chiudersi con un bilancio positivo addirittura di poco sopra ai livelli attuali.
USA: la FED deve portare i tassi a zero
Secondo Jeff Rubin, capo
economista di CIBC World Markets, alcuni elementi segnalano una
situazione di deflazione nella congiuntura americana e la Federal
Reserve farebbe bene a considerare la possibilita’ di portare i tassi
di interesse a zero. Un campanello d’allarme arriva
dal settore privato. “Per la prima volta in quasi 50 anni - osserva Rubin in un report -, i
prezzi delle aziende sono in calo. La Fed non vuole ammetterlo, e anche
la maggior parte degli economisti sono scettici a riguardo, ma una cosa
e’ certa: la deflazione e’ tornata ed e’ importante non ripetere
gli errori commessi a suo tempo dalla banca centrale del Giappone.
Affinche’ una politica monetaria accomodante funga da stimolo, e’
necessario che i tassi di interessi vengano portati a zero, prima che a
zero vada l’inflazione”, avverte l'esperto.
04/12/2002 18:05 New York (Ansa)
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Gli USA verso una nuova bolla Hi-tech ?
04
Dicembre 2002
Sbagliare e’ umano, perseverare e’ diabolico. Quindi, investitori,
attenzione a ripetere gli stessi errori che negli anni Novanta portarono al
formarsi e al successivo scoppio della bolla hi-tech.
Un lungo articolo del quotidiano USA Today sottolinea che i guadagni
messi a segno dai mercati azionari americani nelle ultime otto settimane hanno
provocato una forte crescita dei price/earning di molte societa’ tecnologiche.
Il risultato e’ che, per alcune di esse, il P/E e’ tornato
addirittura ai livelli del 1999.
L’impennata ha interessato soprattutto i titoli Internet. All'interno
del settore, Yahoo! ha fatto registrare un P/E di ben 217.
E che dire della societa’ di software Intuit, arrivata a testare quota
85, livello superiore a quello raggiunto nel marzo del 2000?
Per quanto riguarda Yahoo!, un P/E a 217 puo’ essere ragionevole
paragonato ai 1.086 del marzo 2000. Ma e’ ancora molto alto se si considera
che e' pari a sei volte la media dei P/E delle societa' dell'S&P 500.
Inoltre, come sottolinea la societa' di analisi Thomson Financial/First Call,
e’ dieci volte superiore al tasso di crescita di lungo termine, stimato al
22%.
A queste considerazioni si aggiunge un altro elemento di preoccupazione:
l’indice USA Today Internet 50, in progresso di ben il 47% rispetto ai minimi
di ottobre, sta mettendo a segno guadagni eccessivi e immotivati.
Un P/E elevato puo’ segnalare due diversi scenari:
·
Il titolo e’ sopravvalutato, e quindi poco conveniente, essendo gli
investitori ottimisti sulla ripresa economica, condizione sine qua non per la
crescita degli utili. A questo proposito e' importante sottolineare pero' che il
P/E e’ l’indicatore meno adatto per stabilire quando il mercato si trovi a
un punto di svolta, dal momento che la sua crescita risulta irregolare dopo le
operazioni di svalutazione effettuate dalle aziende.
·
Il titolo sconta la crescita futura degli utili. Un prezzo alto
anticiperebbe una buona redditivita’ dell’azienda. In questo caso la lettura
del P/E e' positiva.
La domanda e’ quale delle due situazioni sia in atto, considerato che
la crescita degli utili e’ sempre successiva alla ripresa economica e che
quest'ultima, almeno per il momento, continua a essere titubante.
04
Dicembre 2002
fonte Wall Street Italia.com