01 Novembre 2009 00:52 NEW YORK
USA: FALLISCONO ALTRE 9 BANCHE, TOTALE 2009 SALE A 115
(AGI) - Los Angeles, 31 ott. - Nove banche Usa fallite
in un solo giorno. Un record dall'inizio della crisi
finanziaria che fa salire a 115 il numero degli istituti
di credito americani che hanno dichiarato bancarotta nel
2009. E tra le societa' finite sotto controllo delle
autorita' Usa c'e' anche la California National Bank:
con sette miliardi di asset, si tratta del quarto
maggiore crac di quest'anno in Usa, in una classifica
che vede ancora al vertice Washington Mutual, fallita
nel settembre 2008. Le nove banche (le altre otto sono
BankUSA, Citizens National Bank, Madisonville State Bank,
North Houston Bank, Pacific National Bank, Park National
Bank, San Diego National Bank, e Community Bank of
Lemont), sussidiarie del gruppo Fbop, sono state
rilevate da Bancorp, che ha cosi' messo le mani su 18,4
miliardi di dollari di asset e depositi per 15,4
miliardi. Tutti gli sportelli degli istituti falliti
passeranno presto sotto il marchio della U.S. Bank, la
divisione di Bancorp che gestisce oltre 770 filiali tra
Illinois, Arizona e California. Non si sa ancora nulla
delle ricadute occupazionali dell'operazione. Gli
analisti, intanto, scommettono su quali saranno le
prossime banche a portare i libri in tribunale. Quelle
ritenute piu' a rischio sono la Zions Bancorp di Salt
Lake City, la Columbus, la Synovus Financial Corp e la
Comerica di Dallas.
01 Novembre 2009 14:58 MILANO
Per i bond l'anno più difficileLa stagione dei guadagni
facili è ormai dietro le spalle. Archiviata. Lo sanno
gli operatori professionali e lo hanno avvertito anche i
piccoli risparmiatori. Per il mercato obbligazionario si
naviga sempre più a vista, tra rendimenti a breve
risicatissimi e più di un rischio se si vanno a cercare
cedole con un minimo di appetibilità.
Del resto dopo il rally sui prezzi dei titoli che ha
visto salire quest'anno insieme alla borsa anche i bond
e le materie prime, tutto si complica quando si tratta
di investire. Si sa che comprare sui valori alti non è
mai un grande affare. La situazione è figlia della
enorme liquidità che gira per il sistema e della
politica monetaria con tutte le leve tirate verso il
basso. Ecco perché non sarà facile nei prossimi mesi
scegliere dove investire. Lo dice con efficacia Mario
Baronci, responsabile reddito fisso di Sella Gestioni:
«I bond? È meglio non averli che averli in portafoglio
in questo momento». Una provocazione che viene spiegata
così: «Il 2010 sarà difficile. I titoli corporate
costano davvero molto cari. E in ogni caso appena i
tassi ripartiranno verso l'alto ci saranno effetti
negativi sui prezzi. Certo, si pensa che si tornerà a
politiche restrittive solo nella seconda parte del 2010,
ma il mercato sconta quest'evenienza con forte
anticipo». Ma quali saranno gli effetti del rialzo dei
tassi? Ovviamente salirà la parte a breve della curva
con penalizzazioni sui prezzi e con un effetto
amplificato sulle scadenze più lunghe. Le stime dicono
che un rialzo dei tassi di un punto provocherà una
caduta di 14 punti sui trentennali e di otto punti sui
decennali. Questo dovrebbe comportare un approccio assai
prudente al mercato. Soprattutto per chi volesse entrare
oggi. «Noi – dice Baronci – suggeriamo di incrementare
il peso del variabile e quindi CcT sulle brevi scadenze,
ma anche titoli legati all'inflazione che hanno il
vantaggio di tutelare i rendimenti reali. E poi di
concentrarci sulla parte lunga o extra-lunga». Un
paradosso si direbbe dato che è proprio lì che si
sentirà in negativo l'effetto sui prezzi dei titoli.
«Vero – risponde Baronci – ma è anche vero che oggi i
rendimenti interessanti si trovano lì. L'accortezza
ovviamente è di comportarsi da cassettista. E cioè
tenere i titoli fino a scadenza». Concorda Fabrizio
Fiorini di Aletti-Gestielle. «Il mercato andrà incontro
a scossoni violenti, ma se uno non fa trading allora non
corre particolari rischi. Quel che non si deve fare
invece è comprare BoT annuali e poi rinnovarli a
scadenza. «Una pratica – dice Angelo Drusiani di
Albertini-Syz – ancora molto in voga e assolutamente
deleteria. Non si corre alcun rischio ma tra commissioni
di acquisto e vendita si portano i rendimenti in terreno
negativo».
Momento difficile, ma il mercato sul lato dell'offerta è
in piena fibrillazione. Le emissioni dei titoli
corporate hanno toccato nuovi massimi storici dal 2001.
E vanno a ruba. Perché tanta domanda se tutti sanno che
il rialzo dei tassi porterà a un calo del prezzo del
titolo? «Semplice, spiega Fiorini. L'epoca dei guadagni
in conto capitale è finita. Ora si guarda al rendimento
corrente. Le scadenze molto brevi non rendono nulla e
per ottenere cedole tra il 4 e il 5% occorre spostarsi
in avanti pagando prezzi elevati».
E ben pochi hanno dubbi che la domanda non proseguirà
sostenuta anche in futuro.
«Ci sono emissioni bancarie anche a breve scadenza che
meritano attenzione», dice Fiorini. E per Drusiani si
può mettere un po' di pepe al portafoglio con i titoli
perpetui. «Come ad esempio Generali che ha un titolo con
cedola al 5,3% che prevede un rimborso a 100 nel giugno
del 2016 e che oggi quota 93. O Intesa che ha un titolo
con cedola all'8,3% e che rimborserà a 100 nel 2019».
C'è un ma. Sono emissioni con tagli minimi da 50 mila
euro e quindi preclusi ai piccoli risparmiatori.
Una stortura evidente, denuncia Drusiani. «Agli
istituzionali sono riservati rendimenti più elevati che
non al grande pubblico. Un eccesso di protezione. Stiamo
parlando di blue chip del mercato non di Cirio o altro.
Non si capisce perché al piccolo risparmiatore sia
preclusa questa possibilità».
01 Novembre 2009 15:03 LONDRA
Il Governo britannico venderà parti di Rbs, Northern
Rock e Lloyds
«Sul mercato bancario inglese compariranno
tre nuovi giocatori». Il Cancelliere dello Scacchiere
Alistair Darling ha confermato le voci che da giorni
accompagnano i destini di Rbs, Lloyds e Northern Rock le
tre banche britanniche controllate, con quote
differenti, dal Tesoro. La cura dimagrante imposta agli
istituti di credito per far fronte alle richieste del
Commissario europeo Neelie Kroes è ormai definita e uno
degli effetti sarà proprio lo scorporo di attività dai
tre istituti a capitale pubblico per dar vita a nuovi
concorrenti.
Di Northern Rock si sapeva già e i nomi più gettonati
per l'acquisizione che sarà deliberata dal Tesoro sono
il gruppo Virgin di Richard Branson e la catena di
supermercati Tesco che però ha già una sua istituzione
finanziaria in via di sviluppo autonomo.
Sarà più interessante capire quanto dirà martedì
Alistair Darling sul futuro di Rbs e Lloyds. Oggi il
Cancelliere s'è infatti limitato ad annunciare tre
future "new entry" senza entrare nei dettagli se non per
augurarsi "maggiore concorrenza".
Le voci dicono che lo spezzatino imposto da Bruxelles
ridarà vita ad antichi marchi fagocitati negli anni del
consolidamento. Rbs potrebbe riportare in vita il
marchio finanziario Williams & Glyn, mentre da Lloyds
group dovrebbe rinascere Lloyds Tsb Scotland, e
Cheltenham & Gloucester, oltre all'internet banking
Intelligent Finance.
Lloyds è ora la maggior banca commerciale britannica e
il 43 % del capitale è al Tesoro. Gli aiuti ricevuti e
il rischio di doverne ricevere altri (il gruppo vuole,
però, sottrarsi alla garanzia pubblica sugli asset
tossici che comporterebbe l'ulteriore innalzamento della
quota statale) hanno indotto la Commissione ad
appellarsi alle regole della concorrenza, costringendo
l'istituto ad accettare una netta riduzione di bilancio.
Da qui le cessioni.
Analogo, e forse più complesso il caso di Royal Bank of
Scotland che è pubblica per il 70 per cento. L'intesa
Rbs – Bruxelles – Tesoro prevede oltre alla vendite di
centinaia di filiali e al ritorno di Williams & Glyn,
anche la cessione delle attività assicurative (Direct
Line e Churchill ) e forse un taglio a quelle americane
raccolte sotto il marchio di Citizen Bank. Rbs vuole
mantenerlo integralmente e l'intesa che si sta
ultimando, ora anche nei dettagli, probabilmente lo
consentirà, ma a condizione che l'istituto sforbici
altre attività per un valore analogo a quello
rappresentato dal cotè americano.
La partita con la Commissione ormai finita, questa
settimana Londra e Bruxelles annunceranno al nuova mappa
del banking britannico.
01 Novembre 2009 20:53 MILANO
Un anno di Obama presidenteil sogno si scontra con i
fattiDopo la campagna perfetta è giunta,
inevitabilmente, la presidenza imperfetta. Dopo le
facili promesse dal podio elettorale sono giunte,
inevitabilmente, le difficili decisioni dallo Studio
Ovale. A un anno dal trionfo elettorale del novembre
scorso, a un anno dalla notte magica di Chicago che vide
l'appena eletto Barack Obama proclamare «le cose stanno
finalmente per cambiare in America», la stagione della
speranza e dei sogni è stata gradualmente sostituita
dalla stagione dei dubbi e della delusione.
Nessuno potrà accusare Obama di non avere provato, fin
dal suo primo giorno alla Casa Bianca, a cambiare
vigorosamente gran parte delle politiche del suo
predecessore George W. Bush. Ma nessuno, neanche tra i
suoi più fedeli sostenitori, può proclamare di essere
completamente soddisfatto del risultato. Il passaggio
dalle parole ai fatti concreti si è rivelato più
difficile del previsto. La trasformazione delle buone
intenzioni di Obama in atti formali dell'esecutivo e del
Congresso si è rivelata più ardua di quanto immaginato.
Una vicenda emblematica è quella del clima. Obama ha
fatto della lotta al riscaldamento del pianeta una
priorità della sua presidenza, invertendo la rotta di
180 gradi rispetto all'era Bush, ma dopo avere raccolto
ampi elogi internazionali per la decisione di restituire
all'America un ruolo di leadership nella battaglia non è
riuscito a ottenere dal Congresso neanche il passaggio
di una legge per la limitazione delle emissioni di gas
inquinanti negli Usa.
Lo stesso è accaduto con Guantanamo. La promessa di
chiudere la famigerata prigione «entro un anno», di
nuovo acclamata in tutto il mondo, si è impantanata
nelle secche dei mille ostacoli legali relativi a come
processare i detenuti e a cosa farne dopo la eventuale
condanna.
Una delle accuse rivolte a Obama che più irritano la
Casa Bianca (forse perché contiene un fondo di verità) è
quella di essere un presidente intento a coltivare la
sua immagine di superstar mondiale - con eloquenti
discorsi in città come Praga, Istanbul, Mosca e Il Cairo
- mentre in patria continuano ad accumularsi i problemi
non risolti. La decisione giunta da Oslo di conferire a
Obama il Nobel per la Pace, che ha colto di sorpresa la
stessa Casa Bianca, ha avuto in America l'effetto
negativo di rafforzare questa accusa.
La Casa Bianca invita i critici a dare tempo al nuovo
presidente. «Abbiamo seminato molto - sottolinea il
potente consigliere David Axelrod - ma il raccolto non
può essere immediato: ogni cosa ha le sue stagioni». Sul
fronte internazionale Obama, in questo suo primo anno da
presidente, ha in effetti seminato molto: dal 'reset'
con la Russia al tentato dialogo con l'Iran,
dall'impegno per i negoziati tra israeliani e
palestinesi al nuovo approccio pragmatico con la Cina.
Ma il successo personale d'immagine di Obama non è stato
accompagnato finora da vantaggi concreti per l'America.
Altri difetti emersi in questo primo anno alla Casa
Bianca: una tendenza (dopo l'era del 'decisionista'
Bush) a temporeggiare nelle decisioni (vedi Afghanistan)
nonché a sacrificare importanti principi (gay in divisa,
diritti umani in Tibet) in cambio di vantaggi pratici.
Sul fronte interno la decisione di Obama di investire
gran parte del credito conquistato con la vittoria del 4
novembre nella battaglia per la riforma della sanità,
una scelta coraggiosa, ha finito col mettere in stallo
quasi tutti gli altri temi della sua agenda, slittati al
2010. Ma l'approvazione entro il primo anno alla Casa
Bianca della storica riforma sanitaria (un traguardo
senza precedenti) basterebbe da solo a rimettere Obama
in pista per quello che è sempre stato il suo non
dichiarato obiettivo: essere il più grande presidente
della storia degli Stati Uniti.
01 Novembre 2009 22:58 NEW YORK
L'AMERICA ALZA LE TASSE?
di WSI-APCOM
Il segretario al Tesoro Usa Timothy Geithner, in
un'intervista alla trasmissione "Meet the "Press" (Nbc),
è stato interrogato ripetutamente sulla possibilità che
a breve le tasse vengano alzate per ridurre il disavanzo
pubblico.
Il deficit federale statunitense è troppo alto, ma la
priorità di Washington è attualmente la crescita
economica insieme alla creazione di posti di lavoro. Lo
ha detto il segretario al Tesoro Usa Timothy Geithner
che, in un'intervista alla trasmissione "Meet the
"Press" delle rete televisiva Nbc, è stato interrogato
ripetutamente sulla possibilità che a breve le tasse
vengano alzate per ridurre il disavanzo pubblico.
Domande alle quali Geithner non ha risposto
direttamente.
"In questo momento - ha detto il ministro - siamo
concentrati sul compito di far ripartire la crescita
economica e non siamo ancora al punto nel quale dobbiamo
deciderlo". Ad ogni modo secondo Geithner un punto
positivo nella ripresa in corso è il sistema bancario,
che è "notevolmente più stabile" grazie alle operazioni
di salvataggio messe in atto dall'Amministrazione di
Washington. Quanto alla crescita dei senza lavoro, dopo
il dato negativo di settembre nel quale il tasso di
disoccupazione Usa ha toccato il massimo da 26 anni al
9,8%, Geithner ha commentato: "la disoccupazione è
peggiore di quando prevedessero quasi tutti. Ma la
crescita è tornata un pò più velocemente e un pò più
vigorosamente di quanto si pensasse".
La Borsa di Tokyo chiude in netto
ribasso
02.11.2009
La Borsa di Tokyo ha chiuso oggi in netto ribasso. Il
Nikkei ha perso il 2,3% a 9.802,95 punti ed il Topix
l'1,6% a 880,54 punti. Tra gli esportatori Toyota
(JP3633400001) ha perso il 2,5%, Honda (JP3854600008) il
2,1%, Canon (JP3242800005) il 3,1% e Panasonic
(JP3866800000) il 2,3%. Lo yen si è apprezzato oggi in
Asia sia rispetto al dollaro che all'euro. Sony
(JP3435000009) ha chiuso in calo del 5,7%. Il colosso
dell'elettronica di consumo ha registrato lo scorso
trimestre una perdita operativa di ¥32,6 miliardi. Sony
aveva chiuso già i tre precedenti trimestri in rosso. Il
calo dei prezzi delle commodities ha pesato sui titoli
delle grandi holdings commerciali. Mitsui & Co.
(JP3893600001) ha perso il 3,1%, Mitsubishi Corp.
(JP3898400001) il 3,1%, Sumitomo Corp. (JP3404600003) il
4,4% e Itochu (JP3143600009) il 4,3%. Il prezzo del
petrolio ha chiuso venerdì a New York in ribasso del
3,6%, quello del rame dell'1,9%.
Daiwa Securities (JP3502200003) ha perso il 4,5%. Il
secondo broker giapponese ha pubblicato una trimestrale
inferiore alle previsioni degli analisti.
Fujifilm Holdings (JP3814000000) ha perso il 2,7%. Il
gigante del Digital Imaging ha registrato lo scorso
trimestre una perdita operativa di ¥8,6 miliardi.
In gran spolvero controtendenza il settore del credito
al consumo Aiful (JP3105040004) ha guadagnato il 17,3%,
Takefuji (JP3463200000) il 23,1%, Promise (JP3833750007)
il 17,1% e Acom (JP3108600002) il 17,1%. Secondo delle
voci di stampa il Governo giapponese potrebbe revocare
alcune norme restrittive nei confronti dei prestatori di
denaro per facilitare nel periodo di crisi l'accesso al
credito ai lavoratori autonomi.
Redazione Borsainside 7.45
Fmi: la disoccupazione salirà per
tutto il 2010
lunedì, 2 novembre 2009 08:02 NEW YORK
Da Il Sole 24 Ore: La crisi, che sembra lasciare la
presa sull'industria e il Pil dei Paesi, sembra ora
soffocare il mondo del lavoro. Il tasso di
disoccupazione in Europa è salito a settembre al 9,7%,
il massimo da gennaio 1999. I senza lavoro sono
aumentati a quota 15,3 milioni. La Spagna è il Paese che
ha registrato la situazione più grave, con un tasso oggi
a quota 19,3%. Il Fondo monetario internazionale,
attraverso il direttore generale Dominique Strauss-Kahn,
ha avvertito che la disoccupazione aumenterà ancora per
un anno, fino al 2010.
02 Novembre 2009 09:09 NEW YORK
Fallisce Cit group, è la quinta maggior bancarotta di
sempre
Negli Stati Uniti torna
lo spettro della crisi bancaria. Dopo mesi di trattative
con i creditori e di interventi governativi per salvarne
il bilancio, alla fine Cit Group non ce l'ha fatta. La
finanziaria indipendente specializzata nel credito alle
Piccole e medie imprese, che eroga finanziamenti a oltre
2000 rifornitori che servono oltre 300.000 commercianti
al dettaglio ha ufficializzato nella giornata di ieri il
suo ingresso in stato di amministrazione controllata, il
Chapther 11. Si tratta della quinta maggior bancarotta
di sempre dopo quelle di Lehman Brothers, Washington
Mutual, WorldCom e General Motors. Secondo i documenti
presentati presso il tribunale fallimentare di New York,
Cit aveva attività per 71 miliardi di dollari a fronte
di debiti per 64,9 miliardi.
La decisione di far ricorso alla bancarotta è stata
presa dal board dopo il rifiuto dei creditori di
acconsentire a uno scambio debito/azioni che avrebbe
permesso di ridurre il passivo di 5,7 miliardi. Grazie
al ricorso all'amministrazione controllata, il gruppo
spera ora di ridurre il passivo di circa 10 miliardi di
dollari e di riuscire a emergere dalla bancarotta
nell'arco di pochi mesi. Come effetto del ricorso alla
bancarotta, il governo perde i 2,3 miliardi che aveva
fornito al gruppo alla fine dello scorso anno in cambio
di azioni privilegiate.
Ma il timore maggiore è che la bancarotta di Cit possa
ostacolare la capacità di rifinanziamento dei piccoli e
medi commercianti nonostante le parole rassicuranti
dell'amministratore delegato Jeffrey Peek secondo cui il
passaggio in un'amministrazione controllata
pre-confezionata «permetterà a Cit di continuare a
fornire credito alle piccole e medie aziende». Secondo
gli analisti la bancarotta di Cit giunge per fortuna in
un momento in cui i negozianti hanno già provveduto a
rifornire i propri esercizi in vista della grande
stagione dello shopping natalizio ma eventuali riduzioni
del credito erogato da Cit rischiano di mettere a
rischio i riordini dei beni più richiesti creando
strozzature a livello di offerta e soprattutto di
impattare gli ordinativi per le vendite di primavera.
Nel corso degli ultimi mesi, tuttavia, Cit aveva già
ridotto drasticamente le proprie attività di prestito
erogando nel primo semestre 2009 solo 4,4 miliardi di
dollari di nuovo credito contro gli 11,3 della prima
metà del 2008. Cit era stata sull'orlo del fallimento
diverse volte nel corso dell'ultimo anno e la bancarotta
era apparsa pressoché inevitabile a luglio, salvo poi
riuscire a salvarsi con un ultimo colpo di reni e il
sostegno dell'amministrazione Omaba che teme
ripercussioni sul mondo delle pmi. La scorsa settimana
Cit aveva ricevuto una promessa di nuovi crediti per 4,5
miliardi dai suoi creditori, aveva raggiunto un accordo
con Goldman Sachs per ridurre i pagamenti sul debito e
ottenuto una linea di finanziamento da 1 miliardo da
Carl Icahn. Ma l'ultimo ostacolo è risultato fatale: i
bondholders hanno detto no a una nuova offerta ritenuta
troppo onerosa e hanno preferito giocarsela davanti al
giudice fallimentare.
Saranno glii obbligazionisti, con ogni probabilità, ad
uscirne meglio da questa storia. Le previsioni sono di
un rimborso pari al 70% sul valore del bond, con
l'aggiunta di azioni della nuova società. Chi ci
rimetterà di più sono gli azionisti (per cui non
dovrebbe arrivare alcun rimborso) e i contribuenti
americani, visto che i 2,33 miliardi di dollari di aiuti
del programma Tarp non potranno essere recuperati.
Banche sotto i riflettori, pesano
novita' Cit Group e Rbos
BlueTG.it - lunedì, 2 novembre 2009 10:18 LONDRA
Il fallimento di Cit Group, emittente mutui statunitense
che dopo oltre 100 anni di storia ha presentato ieri a
New York domanda di bancarotta, ma anche il calo
accusato da un “peso massimo” come Royal Bank of
Scotland, in rosso di circa il 6% stamane a Londra
sull’ipotesi che l’istituto, ormai controllato al 70%
dal governo londinese (ma il quotidiano Daily Telegraph
scrive oggi che il governo inglese sta valutando
l’acquisto di ulteriori quote dell’istituto come pure di
Lloyds Banking Group), possa varare un massiccio piano
di dismissioni, pesa stamane sulle quotazioni di molti
istituti italiani.
Così a Piazza Affari Banco Popolare e Intesa Sanpaolo
sono tra i peggiori componenti dell’indice Ftse Mib,
mentre anche altri titoli finanziari come Generali,
Unipol, DeA Capital, Banca Ifis accusano perdite.
In controtendenza si notano Mediobanca, Ubi Banca e
UniCredit, con rialzi tra uno e due punti percentuali
circa. (l.s.
Cina: produzione manifatturiera
tocca massimi 18 mesi a ottobre
BlueTG.it - lunedì, 2 novembre 2009 11:17 PECHINO
La produzione manifatturiera cinese è cresciuta sui
massimi degli ultimi 18 mesi a ottobre secondo quanto
segnalato dall’indice Pmi diffuso da Hsbc Holdings
stamane (salito a quota 55,4 su base destagionalizzata,
dai 55 punti di settembre).
Un risultato che si deve in particolare alla risalita
degli ordini dall’estero e che lascia maggiore spazio
per un’eventuale exit strategy che nei prossimi mesi
vada a ridurre gradualmente le misure di stimolo varate
da Pechino la scorsa primavera. (l.s.)
Borse Asia-Pacifico: Shanghai
chiude in forte rialzo, scende Hong Kong
02.11.2009
Quasi tutte le principali borse della regione
Asia-Pacifico hanno chiuso oggi in ribasso.
Lo Shanghai Composite ha guadagnato il 2,7% a 3.076,65
punti. L'indice PMI relativo al settore manifatturiero è
salito lo scorso mese in Cina a 55,2 punti. Era da
diciotto mesi che questo indicatore non raggiungeva tali
livelli. La notizia ha fatto aumentare la fiducia degli
investitori sulla ripresa economica in Cina. Il mercato
azionario cinese ha beneficiato oggi inoltre di una
serie di convincenti trimestrali. SAIC Motor
(CNE000000TY6) ha guadagnato il 6,3%. Grazie agli
stimoli per l'economia lanciati dal Governo il primo
produttore cinese di automobili ha potuto quasi
decuplicare i suoi profitti nel terzo trimestre. Suning
Appliance (CNE000001KF2) ha chiuso in rialzo del 3,2%.
La maggiore catena cinese per la vendita di
elettrodomestici ha aumentato lo scorso trimestre il suo
utile netto del 15% a CNY 705 milioni. China Pacific
Insurance (CN0003580601) ha guadagnato il 5,4%. La terza
impresa cinese del settore delle assicurazioni ha
generato lo scorso trimestre un utile netto di CNY 1,7
miliardi. Nello stesso periodo dello scorso anno China
Pacific Insurance aveva registrato una perdita di CNY
1,64 miliardi. I timori legati alla diffusione
dell'influenza suina hanno messo le ali ai farmaceutici.
Hualan Biological (CNE000001JN8), Beijing Tiantan
Biological Products (CNE000000WF9) e Shenzhen Neptunus
Bioengineering (CNE000000X95) hanno guadagnato il 10%.
Tra i titoli delle imprese immobiliari e finanziarie
attive nella zona di Shanghai Shanghai Lujiazui Finance
& Trade Zone Development (CNE000000HH6) ha guadagnato
l'8,9%, Shanghai Jielong Industry Group (CN0005813919)
il 10% e Shanghai Jin Jiang International Industrial
Investment (CN0008879644) il 10%. Secondo il "South
China Morning Post" il progetto di costruzione di un
parco divertimenti di Walt Disney (US2546871060) a
Shanghai avrebbe ricevuto l'approvazione dall'organismo
responsabile della pianificazione economica in Cina.
L'Hang Seng ad Hong Kong ha perso lo 0,6% a 21.620,19
punti. Il debole dato sulle spese per consumi negli USA
ha pesato sugli esportatori. Esprit (BMG3122U1457) ha
chiuso in calo dell'1,6% e Li & Fung (BMG5485F1445) del
3,7%. Le perdite registrate venerdì scorso dal settore
finanziario a Wall Street hanno penalizzato i bancari.
HSBC (GB0005405286) ha perso l'1%, Hang Seng Bank
(HK0011000095) lo 0,5%, Bank of East Asia (HK0023000190)
il 2,7% e BOC Hong Kong (HK2388011192) l'1,5%. Tra i
petroliferi CNOOC (HK0883013259) ha perso l'1,2%,
PetroChina (CN0009365379) l'1,3% e Sinopec
(CN0005789556) lo 0,7%. Il prezzo del petrolio ha chiuso
venerdì a New York in ribasso del 3,6%. Tencent
(KYG875721485) ha guadagnato il 4,4%. Credit Suisse ha
alzato il suo target price per il titolo dell'operatore
della più diffusa piattaforma di instant messaging in
Cina a HKD 153,60.
Tra gli altri listini della regione l'S&P/ASX 200 a
Sydney ha perso il 2,2%, lo Straits Times a Singapore lo
0,2%, il Kospi a Seul l'1,4% e il Taiex a T
Redazione Borsainside 12.20
02 Novembre 2009 12:53 KABUL
Afghanistan, annullato il ballottaggio del 7 novembre.
Karzai vincitore ufficialeLa Commissione Elettorale
indipendente afgana ha deciso di annullare il
ballottaggio del 7 novembre, dopo il ritiro ieri di uno
dei due candidati in lizza, l'ex ministro degli Esteri
Abdullah Abdullah. Lo ha reso noto lo stesso presidente
della Commissione, Daoud Ali Najafi, confermando, a
questo punto, il presidente uscente Hamid Karzai come
vincitore ufficiale delle consultazioni elettorali. Il
segretario generale dell'Onu, Ban Ki Moon, oggi in
visita a Kabul, ha spiegato che le Nazioni Unite
«appoggeranno e rispetteranno» le decisioni delle
autorità elettorali afgane. Ban Ki Moon ha incontrato il
presidente uscente Hamid Karzai e il rivale Abdullah
Abdullah, che ha annunciato ieri il suo ritiro dal voto,
spianando la strada, quindi, alla riconferma del
presidente uscente.
Le ultime nove banche Usa fallite
sono costate 2,5 miliardi alla Fdic
lunedì, 2 novembre 2009 13:15 NEW YORK
La chiusura di altre nove banche statunitensi nel fine
settimane (in tutto da inizio anno sono 115 gli istituti
di credito che hanno chiuso i battenti negli Usa) è
costata al fondo di garanzia sui depositi amministrato
dalla Fdic altri 2,5 miliardi di dollari.
La stessa Fdic, che ha ceduto il 30 ottobre scorso a Us
Bancorp le filiali un tempo appartenenti alla fallita
Fbop Corporation, prevede che i fallimenti continueranno
a ritmo sostenuto anche nel 2010 e sta pertanto
chiedendo alle banche americane di pagare in anticipo i
premi per il prossimo triennio così da tornare in
possesso dei 45 miliardi di dollari che sono finora
costati i fallimenti di quest’anno.
Fdic, la cui presidente Sheila Blair ha dichiarato lo
scorso 14 ottobre di attendersi il picco di fallimenti
nel corso del prossimo anno come ricorda l’agenzia
Bloomberg, manda segnali rassicuranti spiegando che la
crisi, la più violenta dal 1992 (quando a saltare furono
soprattutto le casse di risparmio), sta evolvendosi in
linea con le previsioni, ma tra gli analisti del settore
creditizio i commenti continuano ad essere molto
prudenti, per quanto la Fdic abbia varie opzioni a
disposizione per ripianare le proprie perdite, ad
esempio utilizzando la linea di credito da 100 miliardi
(estendibili a 500) messa a suo tempo a disposizione dal
Tesoro Usa e dalla Federal Reserve. (l.s.)
Obama, Perderemo Molti Altri Posti
Prima Piena Ripresa
lunedì, 2 novembre 2009 18:04 WASHINGTON
(AGI) - Washington, 2 nov. - Il presidente Usa, Barack
Obama dice che l'economia statunitense ha guadagnato
parecchio terreno dal gennaio scorso, ma avverte che
molti altri posti di lavoro si perderanno prima di avere
una piena ripresa. Parlando alla Casa Bianca, nel corso
di un incontro con la squadra dei suoi consiglieri
economici, Obama definisce "dolorosa" la perdita di
posti di cui soffre l'economia Usa e mette in guardia
chi pensa ad un rapida ripresa occupazionale. Vi
anticipo - dice Obama - che continueremo ad avere una
perdita di posti di lavoro nelle prossime settimane e
nei prossimi mesi".
Le borse europee
ritrovano il segno più
02.11.2009
I principali listini azionari europei hanno chiuso oggi
in rialzo. Il FTSE 100 a Londra ha guadagnato l'1,2%, il
DAX a Francoforte lo 0,3%, il CAC40 a Parigi lo 0,9%, lo
SMI a Zurigo lo 0,1% e il FTSE MIB a Milano l'1,2%.
Le borse del Vecchio Continente hanno beneficiato oggi
delle notizie positive arrivate nel pomeriggio dagli
USA. L'indice ISM manifatturiero ha registrato ad
ottobre un aumento di gran lunga superiore alle
previsioni degli economisti (per ulteriori dettagli
clicca qui). Tra i ciclici Alstom (FR0010220475) ha
guadagnato l'1,2%, Schneider Electric (FR0000121972) lo
0,9% e ThyssenKrupp (DE0007500001) lo 0,9%.
Nel settore delle costruzioni CRH Plc (IE0001827041) ha
chiuso in rialzo del 3,6%, Lafarge (FR0000120537)
dell'1,5% e Saint Gobain (FR0000125007) del 3%. Le spese
per costruzioni sono aumentate a settembre negli USA
dello 0,8%. Gli economisti avevano atteso un calo dello
0,2%.
Tra i minerari Anglo American (GB00B1XZS820) ha
guadagnato il 3,3%, BHP Billiton (GB0000566504) il 2,8%,
Rio Tinto (GB0007188757) il 4,5% e Xstrata
(GB0031411001) il 4,4%. La debolezza del dollaro ha
spinto nel pomeriggio le quotazioni dei metalli. Il
prezzo dell'oro è salito a New York di circa il 2% fino
a $1.060,50 all'oncia.
Royal Bank of Scotland (GB0006764012) ha perso a Londra
il 7,8%. La grande banca britannica ha indicato questa
mattina che per ottenere da Bruxelles l'approvazione
degli aiuti ricevuti da Londra dovrà probabilmente
effettuare delle dismissioni che non aveva considerato
(per ulteriori dettagli clicca qui).
Infineon (DE0006231004) ha chiuso a Francoforte in
rialzo del 4,1%. BoA Merrill Lynch ha alzato oggi il suo
rating sul titolo del produttore di chip a "Buy" (per
ulteriori dettagli clicca qui).
Redazione Borsainside 19.00
Usa: Il Minidollaro Ha Un
Futuro. Obama Punta Sulla Crescita Dell'Export
lunedì, 2 novembre 2009 - 21:02 WASHINGTON
(ASCA) - Roma, 2 nov - Il minidollaro? Forse durera' a
lungo. Queste almeno le aspettative del mercato. Oggi
oro al galoppo 1.062 dollari l'oncia. Il secondo
migliore fixing della storia dopo quello a 1.066 dollari
registrato lo scorso 14 ottobre. Sul minidollaro punta
la Casa Bianca, al di la' della canoniche dichiarazioni
a favore ''di un dollaro forte''. Parole che finora
hanno solo parzialmente rassicurato le cancellerie
europee, in primis Francia, Germania e Italia. I big 3
dell'Eurozona sono preoccupati dalla tenuta delle
proprie esportazioni a fronte del calo della domanda
mondiale e del continuo apprezzamento dell'euro sul
biglietto verde. Oggi, al club dell'export, si e'
iscritta anche la Casa Bianca. Nel suo intervento al
gabinetto dei consiglieri economici, il presidente
Barack Obama ha detto che il modello di crescita
economica basato sull'eccesso di ''debito'' di
consumatori e imprese e' finito. In effetti, almeno per
le famiglie Usa, gli ultimi dati segnalano una
diminuzione dei consumi e un deciso aumento della
propensione al risparmio, nel secondo trimestre oltre il
4% del reddito disponibile. Cosi' anche Obama pensa che
la crescita economica Usa dovra' essere giocata ''sulle
esportazioni e dunque sul manifatturiero, in modo da
creare posti di lavoro e benessere per un'ampia classe
media''. Parole che giungono dopo la diffusione
dell'indice Ism di ottobre, che misura il livello di
attivita' del comparto manifatturiero a stelle e
strisce. L'indice viaggia sul sentiero di espansione
(55,7 punti) grazie all'export trainato da ''benefici
del dollaro debole'', ha spiegato il presidente dell'Ism
Norbert Ore. Molto affollato il parterre dei paesi che,
a parte la Cina, in presenza di anemici consumi interni
puntano ad uscire dalla crisi grazie all'export. Si
annunciano tensioni sui cambi tra le cancellerie,
considerando il Minidollaro e il Supereuro.
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