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INDICE ARTICOLI

 

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Macro USA - Mercato creditizio

Armi finanziarie di distruzione di massa

Macro USA

USA: Bilancio; deficit record 2004, Bush punta su ...

Finanza italiana - Risparmio gestito

Risparmio: l'occasione perduta

Finanza italiana - Crack Cirio

Cirio: dal crack dei bond all'arresto di Cragnotti

 

+++  Per quel che riguarda i mercati valutari, l’ultimo meeting dei G7 si è risolto con una serie di affermazioni piuttosto vaghe. Si accenna alla rigidità dei cambi con evidente riferimento al cambio fisso tra il dollaro e la valuta cinese, ma si parla anche di volatilità indesiderabile per la crescita economica, con chiaro riferimento ai rischi di una caduta disordinata del dollaro soprattutto in relazione con l’euro  +++

martedì 03 febbraio   venerdì  06  febbraio   sabato  07  febbraio
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  Armi finanziarie di distruzione di massa

29 Febbraio 2004   12:11   New York  (WSI)

 

Lo sviluppo di strumenti finanziari sempre più complessi e sofisticati ha costituito il propellente per la crescita impetuosa dei mercati finanziari globali. Da quando nei primi anni '70 due economisti dell'Università di Chicago, Black e Scholes, scoprirono la formula per calcolare il prezzo delle opzioni, il mercato dei derivati su azioni, valute, tassi di interesse, materie prime e quant'altro ha conosciuto un continuo boom.

Negli ultimi dieci anni il volume dei derivati (così chiamati perché il loro valore “deriva” da quello del titolo cui fanno riferimento) trattati nei mercati mondiali è cresciuto in media del 17% all'anno. E negli ultimi anni il trend si è impennato. Secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali, tra il dicembre 2000 e il giugno 2003 il valore di mercato dei derivati scambiato è passato da 3000 a 8000 miliardi di dollari. Di questi la parte del leone l'hanno fatta i derivati sui tassi di interesse che sono cresciuti da circa 1300 miliardi di dollari a oltre 5000.

Fino a non molto tempo fa era opinione dominante che la maggiore sofisticazione e la maggiore disponibilità di strumenti finanziari costituisse un elemento positivo per la stabilità del sistema finanziario. Volendo semplificare, le opzioni, i futures, gli swaps ecc. possono essere considerati dei contratti di assicurazione contro la volatilità dei mercati o contro particolari eventi e quindi aiutano a diversificare i rischi in modo più efficiente. Di recente Greenspan ha sottolineato che l'introduzione di strumenti derivati ha accresciuto la flessibilità del sistema economico e la capacità dei mercati finanziari di superare senza traumi le fasi negative del ciclo.

Ma il consenso su questa visone rosea si era già incrinato quando nel 1998 il fallimento del fondo speculativo Long Term Capital Management mise in crisi la stabilità del sistema finanziario. Ulteriori dubbi furono innescati dal crack Enron che proprio sui derivati aveva costruito la propria parabola. Anche da ambienti non sospettabili di umori anticapitalistici sono arrivate bordate pesanti. Per esempio Warren Buffet il più stimato finanziere americano ha parlato di «armi finanziarie di distruzione di massa» e Bill Gross, capo di PIMCO, uno dei fondi di gestione più grandi e prestigiosi si è unito alla critica. Non si tratta di illustri casi isolati: un sondaggio condotto dal Centre for the Study of Financial Innovation indica che la maggior fonte di preoccupazione per i banchieri internazionali è proprio la complessità degli strumenti finanziari.

A questo punto occorre una precisazione. Gli strumenti derivati hanno caratteristiche molto diverse. Tra i più diffusi sono le semplici opzioni per acquistare o vendere azioni (o indici azionari), valute o materie prime a un certo prezzo entro una certa data. I mercati dove vengono scambiati sono molto liquidi, spesso le transazioni si effettuano in mercati borsistici ben regolamentati e le clausole contrattuali sono chiare.. Quindi in linea generale si può dire che la loro introduzione è stato un elemento positivo per il sistema finanziario e per le imprese.

Le paure riguardano invece una gran massa di contratti scambiati over the counter, cioè al di fuori di mercati regolari, creati da intermediari finanziari ad hoc per soddisfare le manie speculative dei clienti e quasi sempre poco liquidi. In questo caso le preoccupazioni sono giustificate per due ordini di motivi. In primo luogo le teorie economiche e i calcoli statistici su cui si basano le valutazioni dei derivati hanno un legame piuttosto tenue con la realtà. Il calcolo del rischio viene fatto con modelli che spesso sottostimano la probabilità di eventi inusuali o di eccezionale gravità.

Questi modelli sostanzialmente estrapolano il futuro analizzando un campione di dati passati. Però i molteplici rischi cui sono sottoposti i mercati sono il risultato di fenomeni la cui natura è sfuggente e le attuali conoscenze matematiche e statistiche non ne consentono una stima accurata. In secondo luogo gli operatori spesso non hanno un quadro preciso delle loro esposizioni perché i contratti contengono clausole insidiose celate da formulazioni oscure.

Al di là dei tecnicismi possiamo dire che il beneficio della diversificazione si materializza solo se la reale portata dei rischi è correttamente valutata da tutti gli attori coinvolti. Il caso Parmalat offre un esempio paradigmatico. In almeno un caso una banca che prestava i soldi a Tanzi si è cautelata contro il rischio di bancarotta attraverso dei “derivati su crediti”. Questi strumenti consentono di riottenere l'intero ammontare prestato in caso l'azienda fallisca. Non si sa bene chi sia stata la controparte di tale transazione. Immaginiamo che la controparte fosse una compagnia di assicurazione, istituzioni cui spesso le banche commerciali si rivolgono per acquistare questi derivati sui crediti.

C'è da chiedersi che competenze e che risorse umane abbia un'assicurazione per analizzare i bilanci della Parmalat o di qualsiasi altra azienda. In altre parole è lecito il sospetto che alcune patate bollenti vengano proditoriamente fatte cadere nelle mani di istituzioni gonfie di soldi e povere di know-how.

Un altro aspetto di cui si parla poco è il fatto che spesso il valore reale delle esposizioni attraverso derivati, secondo i criteri contabili prevalenti, non deve essere riportato in bilancio. La ricerca del profitto, specie in tempi di magra, induce alcune imprese industriali a speculare attraverso derivati, per cui dirigenti, azionisti e analisti hanno solo una vaga nozione delle esposizioni. In un sondaggio sponsorizzato della McKinsey, il 36% dei direttori di grandi società ammette di non capire con chiarezza a quali rischi le loro aziende sono soggette.

In sintesi gli strumenti derivati sono utili per diversificare, ma solo se il calcolo dei rischi è accurato e se l'esposizione viene riportata in modo trasparente nei bilanci. Al momento è dubbio che queste due condizioni siano soddisfatte pienamente. E finché non lo saranno le autorità di vigilanza farebbero bene a non lasciarsi cogliere di sorpresa.

Il Riformista

 

 

 

FED: Greenspan; debito colossi immobiliari, rischio finanza --- 24 Febbraio 2004   16:53  New York  (Ansa) --- FED: Greenspan; debito colossi immobiliari, rischio finanza

 

FED: Greenspan; debito colossi immobiliari, rischio finanza

(ANSA) - NEW YORK, 24 FEB - Dopo avere giudicato positivamente, ieri, gli investimenti nel mattone compiuti dalle famiglie statunitensi nel corso degli ultimi anni, il presidente della Federal Reserve, Alan Greenspan, mette sul chi vive il Congresso americano invitandolo a fissare un tetto al debito contratto dalle due prime aziende del Paese attive nel settore dei prestiti immobiliari: Freddie Mac e Fannie Mae. A giudizio del numero uno della Fed - intervenuto oggi innanzi alla Commissione bancaria della Camera - le due aziende,entrambe a partecipazione statale, potrebbero incrinare il sistema finanziario statunitense se non verranno fissati dei limiti ai loro debiti. Le due aziende divenute, anno dopo anno, pilastri della finanza a stelle e strisce controllano i tre quarti dei prestiti immobiliari ottenuti dalle famiglie statunitensi: un mercato da 4.000 miliardi di dollari. Sino ad ora - ha osservato Greenspan - le due società hanno gestito bene i loro rischi finanziari tuttavia, la crescita continua del giro di affari e, contestualmente,dell'indebitamento potrebbe diventare una minaccia perl'economia americana. "Nel futuro - ha evidenziato Greenspan - potrebbero essere possibili, difficoltà sistemiche", nei cui confronti il Congresso dovrebbe intervenire con celerità, puntando al contenimento del debito contratto dai due giganti del prestito immobiliare. Dalla scorsa estate, Freddie Mac è sotto indagine da parte delle autorità statunitensi decise a fare piena luce sui suoi conti dopo l'annuncio di dovere rivedere i ricavi relativi al periodo compreso.

24 Febbraio 2004   16:53  New York  (Ansa)

 

 

 

 

  USA: Bilancio; deficit record 2004, Bush punta su difesa

02 Febbraio 2004   19:19   New York - Ansa (di Gianluca Angelini)  

Lotta senza quartiere al terrorismo, difesa della sicurezza nazionale e sostegno all'economia, apparsa in forte ripresa a partire dalla seconda metà del 2003. Il tutto per 2.400 miliardi di dollari: a tanto ammonta il bilancio 2005 presentato oggi dall'Amministrazione Bush innanzi al Congresso degli Stati Uniti. Cifre che non mancheranno di fare discutere gli opposti schieramenti politici riuniti nel consesso di Capitol Hill: il piano stilato dalla Casa Bianca per l'esercizio fiscale 2005 -il cui avvio è fissato per il prossimo primo ottobre - contiene infatti la previsione di un deficit record per quest'anno e di uno ancora corposo per l'anno venturo.

 Il disavanzo stimato per quest'anno risulta essere di 521 miliardi di dollari - una cifra quasi irreale rispetto ai 304 miliardi di dollari che erano stati previsti al momento della presentazione del budget 2004 - e infinitamente più pesante rispetto ai 290 miliardi registrati da George Bush senior nel 1992, il più ampio mai archiviato prima della gestione del figlio George Jr. Per il 2005, invece, il deficit dovrebbe attestarsi sui 364miliardi di dollari: nonostante l'ingente somma, è il primo segno - così afferma l'Amministrazione Bush - di un rallentamento nel rosso di bilancio, il quale dovrebbe attestarsi a quota 237 miliardi di dollari nel 2009 nel rispetto di quel dimezzamento del deficit in cinque anni promesso dalla presidenza statunitense già da diversi mesi. "Una recessione, gli attacchi terroristici e poi la guerra" - ha spiegato il presidente Bush al termine di una riunione con il suo staff - hanno guidato il ritorno del disavanzo cui il governo farà fronte con una attenta politica di spesa senza però dimenticare le priorità per il Paese. "Questa nazione - ha osservato Bush - resta in guerra. Si è impegnata in una lunga guerra contro il terrore e la sua conclusione inevitabile sarà la distruzione dei terroristi". 

SPESE DIFESA VOLANO OLTRE 400 MLD - Così - con un Iraq ancora da ricostruire e la minaccia sempre elevata del terrore internazionale - il punto di forza del bilancio presentato dal presidente americano appaiono le spese per la difesa: nel 2005 saranno pari a 401,7 miliardi di dollari in salita di 126,4miliardi di dollari, il 33,7% in più rispetto ai 375,3 miliardi di dollari stanziati per l'anno in corso. Nel dettaglio - senza contare che, secondo l'Ufficio Bilancio della Casa Bianca, verranno chiesti al Congresso, nei mesi avenire altri 50 miliardi di dollari aggiuntivi per le operazioni in Iraq e Afghanistan - 74,9 miliardi di dollari saranno messi a disposizione per i nuovi sistemi d'armamento (ben 10,2 per il solo sistema di difesa missilistico) e 68,9 miliardi di dollari per la ricerca e lo sviluppo, 3,2 dei quali per il piano Future Combat Systems destinato a fornire alle truppe americane nuove divise da combattimento ipertecnologiche entro il 2010. 

SALGONO COSTI SICUREZZA E MEDICARE - "Il bilancio per il 2005 - ha spiegato Bush - risponde alle sfide poste da tre priorità nazionali, cioé vincere la guerra contro il terrorismo, garantire sicurezza al Paese e generare una crescita dell'economia sul lungo termine". Il governo statunitense ha poi previsto di mettere a disposizione 28,3 miliardi di dollari per la sicurezza (rispetto ai 27,1 miliardi di dollari del budget 2004) e di richiedere 134 miliardi di dollari in più,rispetto ai 400 inseriti nel bilancio 2004 e già ottenuti, perl'assistenza sanitaria Medicare. 

SOLDI A NASA VERSO MARTE, AGRICOLTURA AL RISPARMIO - Tra le pieghe del bilancio, ancora, a fronte della crescita delle spese per la difesa e si registrano un lieve incremento per le spese della Nasa (16,2 miliardi di dollari contro i 15,4 del 2004) e una serie di riduzioni per quanto riguarda altri settori chiave come la giustizia (passata dai 19,3 miliardi di dollari del 2004ai 18,7 del 2005), i trasporti (scesi da 13,9 miliardi di dollari a 13,3) e l'agricoltura. In questo settore, uno dei più importanti per l'America, si è passati dai 20,7 miliardi di dollari stanziati nel bilancio 2004 ai 19,1 miliardi di dollari per il 2005. Tra questi, 60 milioni di dollari sono stati iscritti in bilancio per fare fronte all'emergenza 'mucca pazza'. (ANSA).

02 Febbraio 2004   19:19   New York  (Ansa)

 

 

 

La riforma del risparmio? Il risultato è francamente un discreto pasticcio: dal vagheggiamento della Authority unica si è passati a tre per arrivare a cinque nella versione finale. Con in più una sovrapposizione di competenze tra Antitrust e Banca d’Italia in materia di concorrenza che prefigura uno scenario di equivoci e confusione, perché storicamente i poteri condivisi finiscono col neutralizzarsi piuttosto che dar corso all’esercizio delle proprie funzioni.

domenica  01  febbraio 2004   lunedì  02  febbraio 2004   mercoledì  04  febbraio 2004
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  Risparmio: l'occasione perduta

08 Febbraio 2004   22:44   Milano  (di *Paolo Madron)

*Paolo Madron e' il Direttore di Panorama Economy.

D’accordo, la politica è l’arte della mediazione, che di questi tempi purtroppo si deve accontentare di giocare al ribasso. Quando la conflittualità attraversa pesantemente le coalizioni, accade inevitabilmente che la montagna delle buone intenzioni partorisca topolini. È quello che è successo con il nuovo disegno di legge sul risparmio, che concede poco a quanti vi avevano visto un’autentica occasione riformista e molto, troppo, alle prerogative di autoconservazione dello status quo.

Il risultato è francamente un discreto pasticcio: dal vagheggiamento della Authority unica si è passati a tre per arrivare a cinque nella versione finale. Con in più una sovrapposizione di competenze tra Antitrust e Banca d’Italia in materia di concorrenza che prefigura uno scenario di equivoci e confusione, perché storicamente i poteri condivisi finiscono col neutralizzarsi piuttosto che dar corso all’esercizio delle proprie funzioni.

Ma era davvero pretenzioso sperare in qualcosa di meno compromissorio? No, perché la riforma non era stata pensata a freddo, in un momento di buona vena del capitalismo italiano, ma all’indomani di una serie di scandali finanziari che ne hanno messo a dura prova la tenuta. E con il non trascurabile favore di un’opinione pubblica consapevole della necessità di una svolta. Insomma, in un contesto ambientale che agevolava l’azione riformatrice. E dunque, se pur sono comprensibili le preoccupazioni di quanti, presidente del Consiglio in testa, temevano da un lato l’eccessiva destabilizzazione, dall’altro la deriva giustizialista di una magistratura che non perde l’occasione di abusare del guanto di ferro (che errore, a posteriori, la presenza del pm di Milano Francesco Greco alla riunione dell’Aspen Institute dove il progetto voluto dal ministro Tremonti aveva ricevuto una benedizione bipartisan), non sarebbe stato fuori luogo un maggior decisionismo.

In particolare, per quel che riguarda il ruolo di Via Nazionale, che di questo disegno di legge può giustamente gioire. Le sue prerogative ne escono appena scalfite, mentre intatta è la sua giurisdizione in materia di concorrenza bancaria. Perché, con la necessità del doppio assenso, Antonio Fazio mantiene il suo potere di veto. A noi, che in tutti questi mesi abbiamo sostenuto che proprio in questo stava la vera forza del governatore, la fonte della sua autoreferenzialità, la soluzione non piace affatto.

E non per una pregiudiziale opposizione a Fazio, ma perché riteniamo che in democrazia non ci possano essere istituzioni che rispondono del proprio operato solamente alla discrezionalità di chi le guida. E non solo, che eccedendo i propri ambiti si pongano come attore politico antagonista di qualsivoglia governo. Non importa se la crisi industriale del Paese e la conseguente bancarizzazione del sistema abbiano finito oggettivamente con l’enfatizzare ruolo e responsabilità di Bankitalia.

Cucinato il «fritto misto», ora c’è da sperare che il Parlamento sappia far emergere più distintamente qualcuno dei sapori. Perché i pastiches non reggono a lungo. A meno che, per porvi rimedio, non si voglia aspettare la prossima azienda che salta, o la banca che per comprarsene un’altra si consumerà nell’attesa di un’ambigua autorizzazione. O, peggio, che sia la normativa europea a fare strame delle incertezze e delle ambiguità di quella italiana.

Economy

 

 

 

sabato 01 novembre 2003   sabato 06 dicembre 2003   giovedì  12  febbraio 2004
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  Cirio: dal crack dei bond all'arresto di Cragnotti

11 Febbraio 2004   18:10   Roma  (ANSA)

 

(ANSA) - ROMA, 11 FEB - Ecco una cronologia della crisi della Cirio:

- 7 NOV 2002 - Cirio Finanziaria annuncia un piano di ristrutturazione dopo il mancato rimborso di un bond da 150 milioni. L'8 il Trustee da Londra dichiara il default su quel bond, il 19 il default di tutte le altre obbligazioni della Cirio per un importo totale di 1,125 miliardi.

- 5 DIC - Livolsi presenta un piano di salvataggio alle banche, mentre Sergio Cragnotti si dice disponibile a lasciare la guida del gruppo agroalimentare.

- 3 GEN 2003 - Cragnotti lascia la presidenza della Lazio e l'8 quella della Cirio, anche se resta nel cda. Il nuovo presidente è Gianni Fontana. Le banche concedono un prestito ponte di 20 milioni.

- 13 FEB - Annunciate perdite per 152 milioni nell'esercizio chiuso a dicembre, 68 milioni nel solo quarto trimestre dell'anno. 

- 5 MAR - Il cda approva il piano di rilancio industriale e finanziario e una serie di dismissioni.

- 2 APR - Un primo gruppo di obbligazionisti chiede al Tribunale di Roma la restituzione delle some investite.

- 22 MAG - Il cda approva il piano di rilancio preparato da Livolsi, che propone agli obbligazionisti il recupero tra il 15%e l'80% dei loro crediti attraverso la conversione in azioni. 

- 16 GIU - Via libera della Consob al prospetto della conversione del debito in azioni previsto dal piano. la procura di Monza apre un'inchiesta sulle banche che hanno collocato il bond presso i piccoli risparmiatori.

- 1 LUG - Cragnotti ci riprova, attraverso un progetto di rilancio con la società turca Cukurova. Il 28 le assemblee degli obbligazionisti a Londra bocciano il piano Livolsi. Il 31 viene decisa la liquidazione per il gruppo.

- 5 AGO - Il ministro delle Attività produttive Antonio Marzano annuncia che chiederà al tribunale di ammettere la Cirio all'amministrazione straordinaria. Luigi Farenga, Emmanuele Emanuele e Mario Resca commissari giudiziali.

- 7 OTT: Il presidente della Consob, Lamberto Cardia, propone un intervento mutualistico delle banche coinvolte nel collocamento dei bond.- 10 OTT: Il Tribunale civile di Roma concede l'applicazione della Prodi-bis alla Cirio, dando inizio all'amministrazione straordinaria.- 16 OTT: 23 indagati dalla Procura di Roma per bancarotta fraudolenta, tra i quali anche i figli e il genero di Cragnotti.- 3 NOV: Iscrizione al registro degli indagati della procura di Monza sulla vicenda Cirio dell'amministrazione delegato di Abaxbank Fabio Arpe. Lo stesso giorno Arpe si dimette.

- 5 NOV: il trustee londinese Law Debenture presenta domanda al tribunale di Roma per l'ammissione al passivo in rappresentanza di tutti i circa 35.000 obbligazionisti Cirio.- 18 NOV: Nominato il comitato di sorveglianza.- 27 NOV: Cragnotti è iscritto sul registro degli indagati di Roma per corruzione.

- 5 DIC: indagato dalla Procura di Roma il presidente di Capitalia Cesare Geronzi. Il reato ipotizzato è concorso in bancarotta preferenziale. - 19 DIC: Accordo fra Unicredit e alcune associazioni di consumatori: la banca rimborserà, almeno in parte, i bond Cirio collocati presso i suoi clienti.- 23 DIC: Cicr sui crac finanziari. Alemanno (An) chiede il rafforzamento della Consob.- 24 DIC: Il governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio, esclude responsabilità dell'istituto nei crac Cirio e Parmalat.

- 7 GEN 2004: I Pm romani che indagano sul crac della Cirio ritengono che l'acquisizione di Eurolat da parte della Parmalat nel 1999 dalla Cirio possa sia un'operazione "perlomeno strana".- 9 GEN: Capitalia vara un piano per assicurare alla propria clientela una protezione negli investimenti in corporate bond.- 15 GEN: Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti dice in Senato che, sulla Cirio, Fazio ha "dato una risposta 'de minimis'" alle richieste di informazioni- 24 GEN: Sale a 45 il numero degli indagati nell'ambito dell'inchiesta romana sul crac Cirio.- 27 GEN: Fazio dice al Senato che "non vi era alcun elemento che consentisse di vietare l'offerta" di bond Cirio e Parmalat in termini di legge.- 28 GEN: Pubblicato il programma di dismissioni della Cirio. Conferma la prospettiva di salvataggio, ma indica la divisione in tre blocchi come la strada più facile per vendere, chiedendo tempi il più rapidi possibile. Resca parla di un possibile rimborso dei creditori entro fine 2004.- 29 GEN: La prima risparmiatrice ottiene il rimborso dei soldi investiti in bond Cirio, dal San Paolo Imi.

- 4 FEB: Marzano dà il via libera ai bandi di gara per la cessione delle aziende Cirio.- 10 FEB: Nuovi iscritti nel registro degli indagati della procura di Milano: fra questi, un ex dirigente di Antonveneta oltre a manager di Banca popolare di Milano, Bipop-Carire, San Paolo Imi, Banca Intesa e Popolare di Novara.-11 FEB: Cragnotti è arrestato. Un'ordinanza di custodia cautelare colpisce anche il figlio Andrea e il genero Filippo Fucile. Agli arresti domiciliari Paolo Micolini, per diversi anni amministratore delegato della Cirio. Nell'ordinanza si parla di un illecito trasferimento di risorse finanziarie da alcune società del gruppo ad alcuni soggetti terzi. Per i Pm c'é il pericolo che i reati vengano reiterati e le prove inquinate.(ANSA).

11 Febbraio 2004   18:10   Roma  (ANSA)

 

 

 

sabato  04  ottobre 2003   giovedì  16  ottobre 2003   venerdì  17 ottobre 2003
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Ancora io Beppe Grillo

Alcuni brani tratti dall'ultimo spettacolo in teatro di Beppe Grillo.

A me piace far ridere con argomenti serissimi. È la mia caratteristica: parlo di cose di fronte a cui la gente resta stranita. Anticipo l'attualità, facendo un lavoro che dovrebbe fare ogni giornalista onesto. Reperisco informazioni andando alla fonte, leggo i libri di gente che vede il mondo in un altro modo da anni. Perché per me il teatro è un luogo dove la gente viene, si siede e ascolta. Lo scopo è destare il senso critico, ma anche esortare tutti ad essere un po' cialtroni, anarchici e buffoni. Oggi serve una chiave di decodifica perché facciamo guerre di marketing, morti di marketing e abbiamo piazzisti ai governi che si fanno le leggi. E siamo solo all'inizio.

Quando un comico diventa un premonitore di catastrofi di borsa vuol dire che siamo alla frutta, che il sistema è collassato. Ormai c'è gente che prima di comprare azioni del Mib 30 mi chiama a casa. Sono in imbarazzo. Nel 2001 parlando dell'economia in generale dicevo che Cragnotti e Tanzi si dividevano centinaia di miliardi pubblici... Non ci dobbiamo stupire se il sistema costituito da banche, Consob, borsa e grandi gruppi aziendali sta collassando. Ora, per fallire nel latte più che essere disonesti bisogna essere scemi e spendere miliardi nei cappellini di Lauda e grandi squadre di calcio: è il complesso berlusconiano che hanno gli imprenditori di provincia. E poi l'idea di fare la Coca-cola del latte... Il latte è un prodotto perfetto con una tecnologia di un milione di anni, esce già pronto per essere consumato. Tanzi gli ha tolto le proteine e ne ha fatto una cosa a lunga conservazione che non dovrebbe più chiamarsi latte, ha studiato un prodotto per coprire gli investimenti. Faceva un latte fresco che durava otto giorni e con queste allucinazioni prendeva i soldi dallo Stato. Ha preso cospicui finanziamenti dalle tasse degli italiani.

Avete mai provato a leggere un bilancio? C'è da morir dal ridere. Quando andavo alle riunioni degli azionisti della Telecom per sentir leggere i bilanci c'era da sbellicarsi. Basta un ragioniere di terza categoria per capire. E poi c'è un principio: se io mi faccio una società alle Cayman sono una persona disonesta, anche se la legge lo permette. Infatti stiamo assistendo alla nascita della figura del delinquente che si percepisce come una buona persona. È il fuorilegge a norma di legge. Provi a vedere i bilanci delle società del Mib 30, uno qualsiasi: il 90% del loro patrimonio sono prestiti. Se uno possiede un'azienda sana non la va a dividere con gli altri quotandola in borsa. Applico princìpi di buon senso, da buon Genovese. Provengo da una famiglia di industriali, ma gli industriali non erano dei ragionieri come questi qua. Penso a Pirelli, Olivetti o Piaggio, che faceva le Vespe in Italia e le vendeva nel mondo.

Oggi sono dei principianti senza un senso etico. Prendiamo il concetto di Ford della catena di montaggio: un operaio, nel '30, guadagnava da Ford l'equivalente di 150mila lire al giorno perché fosse in condizione di comprare la macchina che costruiva. Erano etiche diverse. Questi manager sono fasulli. Bisognerebbe avere il coraggio di fare nomi e cognomi, tirarli fuori e mandarli via dicendo loro: o rischi i tuoi soldi e metti la tua responsabilità illimitata, o resti fuori. È una regola che stanno attuando negli Stati Uniti, mentre in Italia abbiamo tolto il falso in bilancio, rendendolo un reato amministrativo. Là rischi 25 anni di carcere. Essere imprenditori è un'altra cosa, è seguire le idee di Adam Smith che parlava di etica, delle virtù del capitalista e di passioni. Lui era un umanista e non ha mai pensato a questo tipo di economia, dove chi produce la birra poi si fa le leggi sulla birra. Diceva che la tutela era nelle mani dello Stato. Quindi questi sono finti capitalisti, finti liberisti; hanno un'economia pianificata perché fanno finta di farsi concorrenza, ma la concorrenza non c'è.

Non parliamo delle banche. Dovreste analizzare un contratto, non ce n'è uno che si attenga alla legge della trasparenza. Aggirano le leggi, come l'ipoteca che dura vent'anni e loro la rinnovano tacitamente per prendere le spese di estinzione dell'ipoteca, cose da denuncia. Su tutto il risparmio assistito degli ultimi 15 anni, il 99% degli investitori ci ha rimesso i soldi; gli unici guadagni sono venuti da Bot, Cct e buoni postali. Negli Stati Uniti chi compra azioni può diventare proprietario, dire la sua, qui in Italia gli azionisti non possono dir nulla, alle riunioni nessuno può mettere in discussione alcunché. Pochi mesi fa le più grandi banche del mondo sono state multate in America con 1,4 miliardi di dollari per truffa aggravata agli azionisti e ai correntisti. Quando in un contratto si dice che la banca può rescindere, ma se lo faccio io devo pagare penali, è una truffa legalizzata. Se la banca mette delle spese solo per ricevere i soldi che le restituisco dopo un prestito, questa è una truffa. Sono tutte truffe.

Ci sono persone che non hanno accesso al credito, mentre persone che non avrebbero dovuto averlo lo hanno, come questi grandi industriali. Cosa vuol dire tutto questo? Che il sistema sta marcendo, questi ne sono i sintomi: se non li curiamo adesso sarà troppo tardi. Oggi vediamo una bella vetrina, ma non c'è più il negozio. La gente arriva al 15 e non più al 30 del mese, non si ammazza più da sola, prima uccide tutta la famiglia e poi si suicida. Sono sintomi di un'umanità che non vede il futuro. Sono tutti proiettati nel passato e nessuno ha un'idea del futuro. Alla Confindustria nessuno pensa di cambiare i sistemi produttivi ed energetici.

L'ambiente, fanno finta che non ci sia. Parlano di flessibilità perché pensano ancora a lungo che ci saranno poveracci che lavorano per pochi dollari la settimana. C'è ansia e rabbia nella gente. Per questo ho sempre più pubblico. Hanno tutti un'ansia e non sanno perché, sperano che io glielo dica e invece ce l'ho anche io quest'ansia. A me piace far ridere con argomenti serissimi. È la mia caratteristica: parlo di cose di fronte a cui la gente resta stranita. Anticipo l'attualità, facendo un lavoro che dovrebbe fare ogni giornalista onesto. Lavoro quattro mesi e otto mesi giro nei teatri. Reperisco informazioni andando alla fonte, leggo i libri di gente che vede il mondo in un altro modo da anni. Perché per me il teatro è un luogo dove la gente viene, si siede e ascolta. Lo scopo è destare il senso critico, ma anche esortare tutti ad essere un po' cialtroni, anarchici e buffoni. Dico: disegnatevele voi di notte le piste ciclabili, fate qualcosa! Oggi serve una chiave di decodifica perché facciamo guerre di marketing, morti di marketing e abbiamo piazzisti ai governi che si fanno le leggi. E siamo solo all'inizio.

Se portassi in diretta su Rai Uno lo spettacolo che faccio oggi in teatro sono sicuro che cadrebbe il governo. Non perché sia io, ma perché si tratta di cose a cui basta dare una spallata e vanno giù da sole. Sono tutte costruite sul nulla: su elezioni a cui nessuno partecipa, su democrazie che sono ormai concetti vuoti e su un popolo sovrano che non c'è più. La televisione dovrebbe essere super partes, dovrebbe essere potente, far paura e riuscire a buttare giù un governo in 24 ore se non merita di stare su. Dovrebbe essere la forza dell'informazione, ma mi viene da ridere: siamo arrivati al giornalista che si autocensura per far piacere al potere. Il mio rapporto con la tv consiste nel guardare un programma con i miei cari e esclamare insieme: che culo che non ci sono! Non faccio parte di quel mondo lì e ne sono orgogliosissimo. A Milano abbiamo fatto 40.000 presenze attaccando due manifesti, a Roma neanche quelli perché i posti sono andati via in due settimane. Per me è un momento magico: più si incancrenisce la situazione più divento una belva.

Sta girando via email. Forse non sarà uguale all'originale, ma salviamo la buona fede di chi lo manda.

Fonte: Nuovimondimedia.it 

   21 Gennaio 2004  11:56  Roma