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FED e mercato creditizio

FED alle banche, fate esercitazioni anticrack

FED

Greenspan politico

Geo politica - Terrorismo

Il n° 2 di Al Quaida: abbiamo armi nucleari

 

+++ ANSA 12 marzo 2004  +++  Attentato dinamitardo in una stazione ferroviaria di Madrid, molte le vittime  +++  L'ombra di Al Queida dietro gli attentati madrileni  +++  Al Queida rivendica gli attentati in spagna e torna a minacciare gli USA  ---  ANSA  14 marzo 2004  +++

venerdì  12  marzo  2004   venerdì  12  marzo  2004   domenica  14  marzo  2004
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  FED alle banche, fate esercitazioni anticrack

16 Marzo 2004   16:17  Milano (di Renato Ferraro)

 

«Stress testing», una prova di sicurezza simulando condizioni estreme: la consigliano alle banche tanto la Federal Reserve americana quanto la Bis di Basilea, la banca centrale delle banche centrali. Lo scopo è di mettere a punto i piani di difesa degli istituti di credito nell'eventualità di uno choc imprevisto, perché c'è il timore che una scossa, provocata ad esempio da un improvviso movimento dei cambi o dei tassi, possa far implodere un gruppo bancario, affondando a catena altre grandi banche fino a produrre un disastro globale. E’ solo uno scenario.

Ma, come ripete Alan Greenspan, il governatore della Fed, «non vanno ignorati gli scenari che sembrano poco probabili, qualora comportino conseguenze catastrofiche». Difficile da valutare ma concreto, il pericolo d'un collasso sistemico discende soprattutto dall'uso su larghissima scala di strumenti che dovevano invece ridurre i rischi finanziari, i derivati.

Susan Schmidt Bies, uno dei governatori della Fed, ha dedicato al tema una lunga analisi, di fronte alla Società americana degli specialisti del rischio. In sintesi il suo parere può essere riassunto così: non sappiamo come il sistema dei derivati potrebbe reagire a uno choc imprevisto; non sappiamo in quale misura la catena di derivati fra istituzioni bancarie attenuerebbe l'azzardo assunto da ciascuna o amplificherebbe le minacce complessive; non sappiamo quanto i metodi di controllo del rischio in vigore nelle banche siano efficaci; non sappiamo neppure se tutti i partecipanti comprendano i pericoli.

Ignoranza colpevole? No, i limiti alla previsione dei sismi finanziari sono oggettivi, come nel caso dei terremoti e degli uragani, perché questi fenomeni non appartengono al nostro mondo lineare, statisticamente misurabile. Il crash del 19 ottobre 1987 a Wall Street, una caduta del 22,6% in un solo giorno, aveva la probabilità d'accadere una volta ogni 520 milioni di anni, secondo le distribuzioni statistiche normali, eppure in un secolo gli indici americani hanno avuto tre crolli, nel 1929, 1987 e 2000. E il crac dello hedge fund Ltcm, salvato d’urgenza nel 1998 da un consorzio di banche per impedire una crisi mondiale, era stato prodotto da una congiunzione di avvenimenti giudicata dai gestori del fondo «impossibile nell'intera vita del nostro universo».

«Dobbiamo rassegnarci al pericolo: rischio e incertezza non sono eliminabili. La storia c'insegna che choc brutali arrivano di colpo, senza preavviso» ha detto Greenspan. L'imprevedibilità del sistema finanziario è un aspetto della sua estrema complessità e dell'interdipendenza fra migliaia di varabili e infiniti partecipanti. Le interdipendenze sono state amplificate negli ultimi vent'anni dalla diffusione dei derivati, che trasferiscono il rischio entro l'universo delle banche, delle assicurazioni e degli investitori, e in questo modo lo diffondono nell'intero sistema. Sulla somma complessiva di derivati in circolo nel mondo si hanno solo stime: forse più di centomila miliardi di dollari in termini di «sottostante», cioè di beni o strumenti finanziari dai quali discende il prezzo di futures, swaps, opzioni (con un effetto leva, il derivato può controllare un sottostante decine di volte maggiore).

Ad esempio i derivati sui cambi trattati ogni giorno equivalgono alle riserve monetarie di tutte le banche centrali. Il valore «a rischio» è la sola variazione sfavorevole del sottostante, che tuttavia può divenire enorme quando la volatilità esplode.

Questi strumenti hanno lo scopo di rendere l'investimento produttivo o finanziario meno pericoloso e costoso, e hanno contribuito al boom economico degli ultimi decenni. Sono contratti d'assicurazione, perché scorporano il rischio di movimenti negativi nel prezzo d'un prodotto, d'una azione, d'una valuta e lo trasferiscono a uno speculatore versandogli un premio. Dunque, se investite in Borsa, potete pagare qualcuno per assumersi il rischio. Magnifico. Che cosa fate subito dopo? Essendovi liberato del rischio comprate più azioni e di nuovo vi «assicurate». In questo modo la piramide cresce, fino a che non sorgono dubbi sulla capacità delle controparti di risarcirvi all'occorrenza, come da contratto. Quando questo pericolo è apparso su scala mondiale sono stati introdotti nuovi derivati, che coprono proprio l'eventualità di bancarotta della controparte. «Qualunque rischio è trasferibile, però rimane nel sistema, mascherato» ha ammonito Greenspan. Le banche si garantiscono da fallimenti dei debitori offrendo derivati sul rischio di credito (valore oggi: 800 miliardi di dollari in America, 2400 miliardi nel mondo).

Chi sul lato opposto s'impegna a garantire la protezione? «Negli Stati Uniti metà di questi derivati finisce in altre banche, a titolo d'investimento speculativo, e il resto in compagnie d'assicurazione, hedge funds, portafogli vari - ha detto Susan Schmidt Bies -. Fra le banche internazionali le europee e asiatiche sono al netto venditrici di protezione, compratrici di rischio». Alla Fed non sfugge un altro aspetto: liberi di disfarsi del rischio, i banchieri sono meno pignoli nel valutare l'affidabilità delle imprese cui danno crediti, come hanno mostrato i crac Enron e Parmalat, società che a loro volta usavano derivati rendendo indecifrabili i bilanci.

I portafogli bancari di derivati vengono tenuti lontani dal pericolo grazie a modelli matematici concepiti da premi Nobel. Si può essere tranquilli? Macché. Proprio due di questi Nobel erano partner dello hedge fund Ltcm esploso nel 1989. I loro modelli avevano ignorato gli estremi delle probabilità statistiche ai limiti dell’impossibile. Uno dei metodi di «sicurezza» più diffusi, quello del Var (Value at risk), obbliga a ridurre l'esposizione quando la volatilità dei mercati cresce.

Siccome di recente la volatilità è invece scesa ai minimi di dieci anni, il Var ha permesso alle banche di raddoppiare o triplicare l'esposizione, come ha notato l' Economist in un articolo intitolato «The Coming Storm», la tempesta in arrivo.

Stephen Roach, capo economista della Morgan Stanley, attribuisce la responsabilità dei potenziali pericoli a Greenspan: «Con la politica di alta liquidità e tassi bassi, volta a stimolare l'America, la Fed ha gonfiato una bolla dopo l'altra, nelle azioni, nelle obbligazioni, nell'immobiliare, nei consumi, nell'indebitamento. Tassi d'interesse all'1% non offrono più spazio per ulteriori tagli nel caso d'una emergenza e perciò lo scoppio della prossima bolla potrà essere un botto mostruoso».

Questi tassi sono un doppio fattore di pericolo, ha riconosciuto Susan Schmidt Bies: «Da una parte hanno spinto le banche a vendere obbligazioni sicure che rendono pochissimo e comprarne di dubbia qualità con ritorni più alti. Dall'altra gli attuali livelli sono fuori dalla norma, fuori dall'esperienza degli investitori e magari fuori dai parametri dei modelli matematici di controllo del rischio».

Anche Greenspan qualche anno fa aveva avvertito: «Nel periodo di forte crescita dei derivati non c'è stata una crisi significativa che abbia messo alla prova il sistema. I metodi di gestione si basano quindi su dati storici che non includono episodi di panico, e verosimilmente sottovalutano i pericoli, e sottovalutano le correlazioni che in tali casi emergono di colpo fra strumenti finanziari diversi, vanificando la sicurezza attesa dalla diversificazione».

16 Marzo 2004   16:17  Milano (di Renato Ferraro)

 

 

+++  DERIVATIVES, ESPLODONO NELLE BANCHE USA --- 21 Marzo 2004   15:15  New York  (Ansa) --- DERIVATIVES, ESPLODONO NELLE BANCHE USA  +++

 

 

DERIVATIVES, ESPLODONO NELLE BANCHE USA

L'ufficio del Comptroller of the Currency degli Stati Uniti ha divulgato la situazione relativa ai derivatives nel quarto trimestre 2003, per quanto riguarda le banche commerciali Usa. La posizione totale (notional value) e' cresciuta a un tasso annualizzato del 24% a $71.1 trilioni. 

Circa i diversi tipi di rischio, ecco le categorie: i derivatives sui tassi d'interesse sono cresciuti del 25% a $61.9 trilioni; quelli sulle valute sono saliti del 16% a $7.2 trilioni; quelli sul credito +61% a $1.0 trilione. Per quanto riguarda i diversi sotto-prodotti, gli Swaps hanno registrato un'espansione del 28% a $44.0 trilioni; Futures & Forwards +20% a $11.4 trilioni; Options +12% a $14.6 trilioni. 

La posizione totale in derivatives e' esplosa in totale del 57% nell'arco degli ultimi due anni, con i contratti sui tassi d'interesse in rialzo da soli del 61% in 24 mesi. Nel corso dell'anno passato (2003) la posizione in derivatives di JP Morgan Chase e' aumentata di +30% a $37.4 trilioni, quella di Bank of America e' salita del 22% a $15.2 trilioni, quella di Citigroup e' cresciuta +26% a $12.6 trilioni.

Alla fine del 2003, queste tre grandi banche commerciali americane raggruppavano il 92% della posizione totale in derivatives dell'intero mondo finanziario. Una situazione di estrema pericolosita'.  

21 Marzo 2004   15:15  New York  (Ansa)

 

 

LA BOLLA CREDITIZIA USA

Il credito totale del sistema bancario Usa e' salito la scorsa settimana di $55.9 miliardi. La bolla sembra non avere tregua, alimentata dai bassi tassi d'interesse, visto che nelle prime 10 settimane dell'anno il Total Bank Credit e' salito di $227 miliardi, cioe' circa il 19% annualizzato. La scorsa settimana, queste sono state le categorie piu' "calde": Securities holdings +$25.2 miliardi, Loans & Leases +$30.8, Real Estate +$14.8 (con una crescita record in 2 settimane di $24.2 miliardi).

20 Marzo 2004   16:19  New York  (Ansa)

 

 

 

 

 

mercoledì  3  marzo  2004   sabato  06  marzo  2004   sabato  20  marzo  2004
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  Greenspan politico

15 Marzo 2004   19:09   Torino  (di Alexander Weber)

Se Alan Greenspan dovesse - del tutto a sorpresa - alzare i tassi d'interesse alla prossima riunione del Comitato della Federal reserve darebbe sicuramente scandalo a chi ne conosce la capacità di navigazione nella diplomazia politica e nei rapporti con il presidente Bush. Se non lo facesse però darebbe scandalo ai puristi della politica monetaria. Prima o poi però dovrà piegarsi alle ragioni dell'economia e tradire quelle della politica.

La ragione principale per evitare un aumento del costo del denaro è la deludente creazione di posti di lavoro dell'economia americana. Nonostante la ripresa si stia facendo sentire, l'inflazione americana è ancora molto bassa e Alan Greenspan non ha alcuna intenzione di smentire il proprio passato ottimismo.

Nondimeno la maggior parte degli economisti monetari, non solo americani, si chiedono se non si stia accumulando un eccesso mai visto di dollari. Gli stessi tassi d'interesse sono al livello più basso degli ultimi 30 anni. Quelli reali sono praticamente pari a zero. Il calo del dollaro è un altro elemento di rilassamento nelle condizioni monetarie americane. Quanto pensa di poter andare avanti così, Greenspan?

Una nuova teoria sta prendendo piede. Ne abbiamo già accennato qualche settimana fa. L'economia americana sembra aver bisogno di attirare investimenti attraverso un processo di bolle speculative che si gonfiano una dopo l'altra. Prima quella della new economy, poi le obbligazioni societarie, poi il mercato immobiliare. Solo così gli Stati Uniti si assicurano di poter attrarre l'enorme quantità di capitali che finanzia il deficit delle partite correnti. Per poter drogare i mercati i tassi d'interesse devono restare molto al di sotto del tasso nominale di crescita dell'economia che è una specie di approssimazione del tasso di rendimento medio di tutto ciò che esiste sul territorio degli Stati Uniti. Questo assicurerebbe che il costo del finanziamento del capitale, sia inferiore al rendimento dell'Azienda America e quindi che il flusso di capitali dall'estero non si interrompa. Ancora una volta se questo è il ragionamento di Greenspan, l'economia americana è governata davvero da un mago illusionista. C'è da chiedersi se la corda sotto i suoi piedi esista davvero. La domanda con la Federal Riserve infatti non sembra essere più se l'inflazione sale o scende, ma se i mercati degli assets stanno scalando nuove vette e allettando i capitali di mezzo mondo. Nulla a che vedere ovviamente con le teorie sul tasso neutrale d'interesse.

Il rischio che questo strano mix riporti in America lo spettro dell'inflazione è piuttosto modesto. Anche se il prezzo del petrolio sale e il dollaro scende, la pressione salariale resta molto moderata. Alla fin fine la domanda di beni di consumo resta debole e non si può scaricare sull'indice dei prezzi.

E' davvero una magra consolazione non avere inflazione solo grazie a un eccesso di disoccupazione e di contenimento dei redditi da lavoro. Ma dove si scarica intanto l'eccesso di offerta di moneta che la Fed sta pompando nel mercato? Evidentemente, come sosteniamo da tempo, nel gonfiare le bolle speculative. Il risultato è che la situazione sociale in America si sta polarizzando in misura estrema tra basso reddito da lavoro e alto rendimento del capitale. A ben vedere la scelta del tasso d'interesse di Greenspan è davvero tutt'altro che neutrale, anche politicamente.

La Stampa

 

 

 

  martedì  16  marzo  2004   martedì  16  marzo  2004  
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  Il n° 2 di Al Quaida: abbiamo armi nucleari

22 Marzo 2004   01:53  New York  (Ansa)  

 

Ayman al-Zawahri, il braccio destro di Osama bin Laden, ha detto alla TV australiana che il gruppo terroristico Al Qaida ha comprato in Asia centrale armi nucleari atomiche. In un'intervista che sara' trasmessa lunedi' dalla televisione Australian Broadcasting Corporation, il giornalista pakistano Hamid Mir dice che secondo Ayman al-Zawahri "armi nucleari fatte in casa" erano e sono disponibili sul mercato nero. La notizia e' stata diffusa dall'Associated Press.

I servizi di intelligence degli Stati Uniti ritengono che Al-Qaida stia cercando da tempo di impadronirsi di "smart bomb" nucleari, senza peraltro confermare che questo progetto sia mai andato in porto.

"Con $30 milioni, basta andare sul mercato nero nell'Asia centrale, contattare uno scienziato ex-sovietico insoddisfatto, e troverete una gran quantita'.... di componenti di bombe nucleari", dice Mir nell'intervista, citando le parole che gli sarebbero state dette da Ayman al-Zawahri.

"Ci hanno contattato, abbiamo spedito i nostri uomini a Mosca, a Tashkent, in altre nazioni dell'Asia centrale, hanno negoziato e alla fine abbiamo comprato qualche bomba", avrebbe aggiunto il numero 2 di Al Qaida.

Il mese scorso si e' appreso che uno scienziato del Pakistan ha venduto materiale e tecnologia nucleare a Iran, Libia e Corea del Nord, alimentando i timori che simili armi possano facilmente cadere nelle mani dei terroristi.

Il giornalista pachistano Mir descrive al-Zawahri come "il vero cervello dietro Osama bin Laden." "E' lui il vero stratega, Osama bin Laden e' solo l'uomo di facciata", dice Mir nel corso dell'intervista alla TV australiana. "E' piu' pericoloso di bin Laden."

Al-Zawahri - un chirurgo egiziano - secondo le indicazioni dell'intelligence Usa si nasconderebbe nella zona montagnosa al confine tra Pakistan e Afghanistan, dove l'esercito pachistano sta conducendo da vari giorni un'operazione di accerchiamento contro forze Talibane e di al-Qaida. Al-Zawahri ha avuto un ruolo chiave nella pianificazione dell'attacco terroristico dell' 11 settembre 2001

22 Marzo 2004   01:53  New York  (Ansa)