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J.M.Keynes e le analogie 1929/2000

Utili, allarme rosso con il nuovo metodo S&P

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  J.M.Keynes e le analogie 1929/2000

21 Ottobre 2001   17,38   Rimini  (ITA)

Il momento che stiamo attraversando sotto l'aspetto prettamente economico è molto simile a quello che in America caratterizzò gli anni '30 della "Grande Depressione" e che nel 1937 prese il nome di recessione a fronte di un ulteriore crollo (Recessione vuole per l'appunto indicare una depressione all'interno di una depressione).
In questa fase storica crediamo sia necessario capire il nesso fra le teorie di Keynes e le manovre dell'amministrazione Bush al fine di riuscire a prevedere quali potrebbero essere le conseguenze di eventuali decisioni strategiche dell'attuale compagine presidenziale.
    

Iniziamo con il fare un salto nel passato, negli anni '30 per la precisione. Brevemente possiamo dire che fino ad allora la teoria classica sosteneva:

- equilibrio del mercato = piena occupazione;
- piena occupazione sosteneva la domanda che manteneva il mercato in equilibrio;
- risparmi = investimenti

Keynes sconvolse queste teorie concentrandosi su produzione ed occupazione:

- aumentando produzione, occupazione e reddito diminuisce la propensione al consumo;
- aumentano di conseguenza i risparmi;
- i risparmi e gli investimenti non possono essere uguali perché significherebbe non conservare liquidità di riserva;
- la diminuzione del costo del denaro non comportava necessariamente stimolo ai consumi perché, per ragioni di cautela come nel caso di una guerra, si tende ad accumulare liquidità;
- risultato = la domanda di beni e servizi diminuisce e diminuirà anche il risparmio;

Premesso ciò un'altra doverosa precisazione riguarda l'occupazione e di conseguenza la disoccupazione.
La teoria classica sosteneva che la disoccupazione era determinata dall'eccessivo livello dei salari, che se fossero stati più bassi avrebbero permesso a più persone di lavorare. Inoltre c'era la convinzione che il sistema si sarebbe riportato in equilibrio da solo senza necessità d'intervento da parte dell'amministrazione pubblica, cioè la disoccupazione stessa avrebbe determinato la diminuzione dei salari e dunque nuova occupazione.
Le cose però non andarono così negli anni '30 quando la disoccupazione restò alta per diversi mesi, determinando di conseguenza un livello di produzione molto basso. Anche la politica monetaria risultava inefficace alla luce di una situazione in cui tassi bassi generavano soltanto rafforzamento della liquidità (come sta del resto accadendo anche oggi in Giappone) senza riuscire a stimolare gli investimenti, considerati semplicemente poco appetibili ed attrattivi in ottica futura.
Quella che venne definita "La rivoluzione keynesiana" propose, invece, un Governo fortemente interventista per stimolare gli investimenti. Ciò sarebbe potuto accadere anche contraendo prestiti da spendere a fini pubblici ed utilizzando i risparmi del settore privato accantonati in precedenza.
Il disavanzo pubblico rappresentò l'arma vincente per uscire dalla recessione del '29 e Keynes diventò un simbolo ed un eroe allo stesso tempo del capitalismo del secondo millennio.
    Quali sono le similitudini e le differenze fra l'azione del Governo americano degli anni '30 ed le misure che oggi si stanno prendendo negli Stati Uniti? Nel nuovo millennio, si può ancora individuare in Keynes il simbolo per affrontare una recessione.

Secondo noi l'economia di oggi è molto diversa rispetto a quella degli anni '30 e se la tesi Keynesiana era ottima in quel periodo storico ciò non significa che debba esserlo anche oggi. 
Abbiamo detto che la politica monetaria espansiva adottata dalla Fed potrebbe risultare non sufficiente a stimolare gli investimenti ed ecco immediatamente che l'amministrazione repubblicana guidata da George W. Bush è intervenuta con la politica del "deficit spending" ossia di tagli alle tasse ed aumenti alla spesa pubblica necessari per ridare vigore sia ai consumi che agli investimenti anche a costo di trascinare in rosso il surplus dello stato.
Ed ecco che anche il conservatore Alan Greenspan ha in settimana chiesto un piano d'intervento di cento miliardi di dollari, definito da lui stesso necessario, fondi che vanno ad aggiungersi alla manovra già varata da tempo dal presidente americano.
"La mia promessa di non toccare il surplus delle pensioni vale sempre, purché gli Usa non si trovino in recessione o guerra", aveva affermato qualche giorno prima dell'11 settembre Bush il quale si trova oggi a dover affrontare sia il nemico Bin Laden sia la recessione.
In recessione è noto che, nonostante le manovre espansive della Banca Centrale che servono principalmente come misure difensive, la conseguenza inevitabile per i consumatori è quella di stringere la cinghia ed allora, così come Keynes scrisse nel suo "The General Theory of Employment Interest Money", qualcun'altro dovrà pure spendere e chi se non lo stato che ha a disposizione un surplus accumulato egli anni precedenti?
Un intervento che riguarda prima di tutto la ricostruzione, poi gli aiuti alle compagnie aeree fortemente colpite dopo la tragedia alle Twin Towers, ma che non trascurerà le imprese e le famiglie, evitando  EFFETTO RICCHEZZA-EFFETTO POVERTA' ".

                                              Studio C.F.A.

 

  Utili, allarme rosso con il nuovo metodo S&P

31 Ottobre 2001   14:15   NEW YORK  (Gianluca Guerrini) WSI

La stagione degli utili per questo trimestre e` quasi giunta alla fine e, sebbene i risultati riportati dalle società dell’ S&P 500 siano stati mediamente migliori rispetto alle aspettative, l’anno appena passato, segnato da pesanti scandali e frodi contabili, ci ha insegnato a guardare con occhi critici sollevando parecchi dubbi sull’ affidabilità dei risultati osservati.

L’utilizzo degli stessi utili proforma, creati per confrontare le performance di un`azienda su base comparabile nel tempo, non riesce ancora ad offrire una lettura trasparente ed inequivocabile dei dati. Ci sono ancora infatti voci di bilancio la cui corretta collocazione e’ fonte di accese discussioni tra i professionisti del mondo contabile e finanziario americano. Si tratta delle stock options, dei fondi pensione ed altre voci che risultano effettivamente, a seconda del settore considerato, componenti la cui presenza (o assenza) ha un peso rilevante sul risultato reddituale finale.

La questione piu` dibattuta non e` se solo se tali voci devono essere registrate all’interno dei documenti contabili o meno ma l'interrogativo piu’ importante e’ dove. A seconda infatti che una voce venga messa nell’attivo di un bilancio o nel conto economico i risultati di una azienda cambiano notevolmente.

L’agenzia di rating Standard & Poor's e` una delle societa' di ricerca finanziaria che in risposta a questo problema ha adottato una forma alternativa di rappresentazione dei risultati di bilancio chiamato ‘core earning’.

Questo sistema di rilevazione tiene conto degli utili (o delle perdite) derivati dall' attivita` principale dell’azienda dopo la fase dell’imposizione fiscale. Le differenze con la versione GAAP comunemente adotattata dalle aziende Usa sono allarmanti. Infatti, nell’anno fiscale concluso il giugno scorso le società del S&P 500 hanno riportato secondo i parametri GAAP in media un utile per azione di $26,74. Il risultato si abbassa drasticamente se filtrato attraverso il metodo di calcolo sviluppato da S&P, risultando in un EPS (earning per share) di $18,48.

Ma a cosa e` dovuto questo notevole margine di differenza? La versione dello Standard & Poor’s tiene in considerazione l’impatto dei costi generati dall’emissione aziendale delle stock options ed esclude invece l’impatto dei ricavi generati dai fondi pensione. I primi inciderebbero per $5,21 per azione sui risultati e in particolare sui bilanci delle società tecnologiche mentre i secondi, con un impatto di $6,54 sull’EPS, sosterrebbero le performance delle tlc e degli industriali.

Se passiamo all’analisi dei multipli le considerazioni si fanno ancora piu’ inquietanti. Con l’applicazione dei core earnings,l'attuale P/E relativo all’S&P 500 verrebbe drasticamente rialzato dagli attuali 33 a quota 48, rendendo i prezzi attuali dei titoli poco invitanti agli occhi degli investitori. Il rendimento medio delle società dell’indice dell’S&P 500 sarebbe inoltre di soli 2 punti percentuale, circa meta` del tasso di interesse offerto dal Treasury Usa a 10 anni.

Tale versione ovviamente ha suscitato piu` di una critica da parte degli operatori di mercato ma si propone come una preziosa chiave di lettura alternativa, a disposizione degli investitori, per interpretare le performance aziendali. Gia` quest’anno la Financial Accounting Standard Board (FASB) ha iniziato un vasto programma di riforme del sistema di contabilizzazione al fine di ridurre sensibilmente il margine di manovra con il quale le aziende alterano i risultati di bilancio.

Di seguito, a titolo esplicativo, riportiamo una tabella raffigurante la differenza esistente tra l’utile netto registrato nel 2001 da 5 societa' protagoniste di diversi settori nella versione ufficiale GAAP e quello elaborato attraverso i ‘core earnings’.

 

Società "Utile netto" 2001 "Core Earning" 2001

D

     

 

IBM 7,7 mil. $ 4,8 mil. $

-37%

Microsoft 7,7 mil. $ 5,6 mil. $

-29%

Aol Time Warner -4,9 mil. $ -6,2 mil. $

-20%

Cisco -1 mil. $ -2,5 mil. $

-60%

Motorola -3,9 mil. $ -5,5 mil. $

-28%

 

31 Ottobre 2001   14:15   NEW YORK  (Gianluca Guerrini) WSI

fonte Wall Street Italia.com