.

 
 

 
 

INDICE ARTICOLI

PARTE 2

.

Italia - Elezioni Politiche 2006

Le due Italie che non si piacciono

Italia - Risparmio Gestito

Addio al risparmio finanziario

Italia - Risparmio Gestito

Più BRIC meno BOT

Finanza italiana

L'affondo dei PM su Geronzi

Finanza italiana

Scalata RCS: il furbetto Ricucci finisce in manette

Italia - Risparmio Gestito

Consulenti finanziari, vendete a tutti i costi

   

Vai alla prima parte della Rassegna

 

+++   Flop degli exit pol, sinistra vincente ma per un pugno di voti   +++  Italia spaccata in due, a rischio la governabilità del Paese   +++

Martedì  11  aprile  2006   Martedì  11  aprile  2006   Venerdì  14  aprile  2006
   
scarica in formato PDF ..... scarica in formato PDF .....  

 

 

 

I BOOKMAKERS DANNO PRODI FAVORITO
8 Aprile 2006 1:52 -  Londra

Sul sito Betfair.com, nella sezione "Politica: Italia - Prossimo Presidente del Consiglio", Romano Prodi e' dato vincente a 1.24 mentre Silvio Berlusconi e' staccato di quasi cinque lunghezze a 5,2. Secondo gli esperti "i bookmakers non sbagliano mai. E su Betfair la quota di Prodi è scesa da 1.41 di lunedì sera dopo il proclama berlusconiano sull'Ici, a 1.24. E Berlusconi è salito da 3.6 a 5.2. In pratica, la vittoria unionista appare a questo punto certa". Il volume delle scommesse pervenute al sito sull'esito delle elezioni politiche italiane del 9 e 10 aprile - si leggeva ieri sera - è superiore ai 344mila dollari.
Altri due siti di scommesse confermano lo stesso tipo di esito al voto di domenica e lunedi' nella sezione: "Italy: Next Prime Minister", con Romano Prodi dato come vincente per 1.35 contro 3.0 di Silvio Berlusconi (per Expect) e sempre Prodi dato vincente per 1.22 contro lo sfavorito Berlusconi dato a 3.75 per Paddy Power.

Fonte - ANSA

 

 

CAMERA, VINCE L'UNIONE PER UN PUGNO DI VOTI
11 Aprile 2006 3:15  - Roma

Vittoria con l'amaro in bocca per il centro-sinistra, alla Camera l'Unione vince il testa a testa per 25.224 voti: 341 deputati contro i 277 della Cd, grazie al premio di maggioranza. La CDL si aggiudica il Senato per 155 seggi a 154. Sara' decisivo comunque lo scrutinio dei voti degli italiani all'estero che assegna 6 senatori. Dallo spoglio delle prime schede risulta che l'Unione dovrebbe essere in testa, come conferma Skt Tv, che su una proiezione dei dati del Ministero degli Interni assegna almeno 4 dei 6 seggi al centro-sinistra. Cio' darebbe all'Unione un vantaggio di 158 seggi contro 156 della CDL, con un solo seggio da attribuire.
Il paese e' comunque spaccato in due, e il livello di governabilita' e' molto basso. La destra protesta con Bonaiuti e Bondi di Forza Italia che dicono: «Verifica attenta dei voti» (vedi anche Elezioni: la CdL 'contesta che Unione abbia vinto').
L'Unione ha ottenuto la maggioranza dei voti alla Camera col 49,805% dei voti contro il 49,739% della CdL. Sono i dati definitivi del Viminale. Secondo quanto riporta il sito del Ministero dell'Interno, l'Unione ha ottenuto 19.001.684 preferenze, contro 18.976.460 andate alla Casa delle Liberta'. Lo scarto e' di appena 25.224 voti, ma permette all'Unione di conquistare il premio di maggioranza: 341 seggi, contro i 277 del centrodestra. Ancora da attribuire 12 seggi degli italiani all'estero.

Fonte - AGI
 

 

 

 

 

   Le due Italie che non si piacciono

11 Aprile 2006 Lugano -  di Gerardo Morina
________________________________________

Vilipesa, messa in un angolo, guardata con sufficienza, boicottata, costretta – quasi – a nascondersi. È l’Italia – l’altra Italia, considerata dall’opposizione talmente impopolare da inibirne il pubblico riconoscimento – ad emergere ieri dalle urne e da sconvolgere ogni pronostico, rendendo difficile, se non impossibile, non solo il trionfo ma la forse risicata vittoria del centrosinistra di Romano Prodi.
È l’Italia che non ha, per quanto ripetutamente tirata per la giacca, accettato di uniformarsi al velato diktat del gran rifiuto del governo di centrodestra. Un ruolo difficile, perché la tentata «de-berlusconizzazione» del Paese poteva contare non solo su una serrata campagna di demonizzazione, ma su argomentazioni che sul piano razionale e pacato avrebbero potuto anche allettare i delusi, gli incerti, gli avventurosi: il venir meno del fattore novità del messaggio berlusconiano, un certo disincanto per la sua figura e la sua politica, il pur sempre irrisolto nodo cruciale del conflitto di interessi, la protesta per una situazione economica da più parti attribuita all’amministrazione di centrodestra.

Invece, se le proiezioni (non gli exit-poll, che hanno subito ieri clamorosamente la loro Caporetto) verranno confermate dai risultati ufficiali e completi, gli elettori di centrodestra non solo hanno fatto in modo che, raggiungendo una consistenza o una maggioranza nelle regioni-chiave, sono arrivati a dare uno scomodo filo da torcere alla coalizione di centrosinistra che già pregustava uno scontato trionfo; ma in più Forza Italia, ovvero il partito più strettamente berlusconiano, potrebbe costituire ancora la forza più rappresentativa in un prossimo Parlamento.
Ci si potrebbe soffermare sui motivi che hanno indotto questa seconda Italia a fare avvertire la propria voce: l’insofferenza per il già menzionato tentativo di intimidazione da parte del centrosinistra; la paura che un governo Prodi (e soprattutto le sue frange più radicali) trasformassero il diritto alla proprietà e al lavoro in una specie di esproprio attraverso misure fiscali e contenitive; il timore del venir meno di una società libera e dell’instaurarsi di uno Stato illiberale tale da arrogarsi il diritto di pianificare, programmare , scegliere al posto di chi è legittimato a decidere, cioé i cittadini, le famiglie, le imprese; l’insufficiente fiducia che il centrosinistra potesse tutelare i valori cari alla destra religiosa (la famiglia,la vita, anche la sicurezza); il rincrescimento che non venisse avvertita anche politicamente la presenza di un’Italia che produce, un’Italia del grande ceto medio, della libera iniziativa, delle piccole e medie imprese, di chi sceglie di rischiare e di pagare in prima persona.
A tale situazione molto ha contribuito l’alto tasso di affluenza alle urne (ben l’83 per cento) che ha rappresentato un avvicinamento e non un allontanamento degli elettori alla politica, pur tra mille dubbi e imperfezioni.

Se tuttavia da una parte si è trattato di una manifestazione spontanea e inaspettata, il graduale risultato del voto ha anche dimostrato l’assenza di un segnale veramente univoco, attraverso due Italie che si confrontano, non si capiscono e non si sopportano. E proprio l’inconciliabilità di principio di queste due parti induce a giudicare impossibile, a meno di miracoli, la creazione di una «grande coalizione», ovvero di un governo di unità nazionale, come ha dimostrato di saper fare all’occorrenza un Paese come la Germania.
L’esito elettorale non fa inoltre che aumentare le contraddizioni di un eventuale governo Prodi, cosciente di nascere con una tale eterogeneità al suo interno (laici-cattolici,liberali-liberisti, redicali-comunisti) da rendere la governabilità del Paese un’impresa ciclopica.


Fonte - Il Corriere del Ticino

 

 

 

 

 

BERLUSCONI SI CONSOLA: 'NOI I PIU' FORTI'
11 Aprile 2006 Roma - di Claudio Tito


"L'unico dato che mi sembra già apprezzabile è che siamo il primo partito d'Italia e gli italiani, nonostante la campagna di tutti contro di noi, ci hanno confermato la fiducia. E di questo tutti ne dovranno tenere conto". Per tutta la notte Silvio Berlusconi ha incrociato le dita. Aveva capito che non si sarebbe scatenato un diluvio sulla Casa delle libertà e quindi ha deciso di venire a Roma da Arcore per seguire lo spoglio dei voti. Da Via del Plebiscito si è tenuto in contatto con tutti i coordinatori regionali di Forza Italia. "E ognuno di loro - ha subito raccontato ai suoi - mi danno dei dati che sono assolutamente diversi dagli exit poll". A Palazzo Grazioli, insomma, sono convinti che per il centrodestra esiste la possibilità concreta di giocarsi la vittoria al fotofinish.

Lo scrutinio, però, è andato avanti con lentezza e fino a tarda notte Berlusconi ha preferito non commentare. Lo farà oggi ufficialmente sulla base dei risultati definitivi. "Ci sarà da soffrire, niente è scontato. Non possiamo dire di aver vinto e non è detto che abbiamo perso. Sarà una nottata al cardiopalma". Ogni rilevazione è stata presa con le pinze. Ma per il presidente del consiglio, è stato già importante che non uscisse fuori fin dall'inizio una vittoria schiacciante del centrosinistra. La lunga maratona elettorale e le incertezze nei titoli dei tg e dei giornali sono stati una chiave a lungo inseguita dallo staff di Palazzo Chigi.
Sta di fatto, che al di là della cautela con cui tutti seguono lo spoglio delle schede, il Cavaliere si sente "più tranquillo". Di sicuro non ottimista sulla vittoria, ma fiducioso sulla possibilità di non essere travolto: "dicevano che era un plebiscito pro e contro di me. Comunque vada, me la sono cavata. Anche gli alleati sarà meglio se rimarranno in silenzio". E anche ieri sera, quando sono piovuti sulla sua scrivania a Villa San Martino i dati ufficiosi degli exit poll, li ha liquidati con un "non ci posso credere, sono fatti male. Lo dico da tempo, non tengono conto di tante cose".

Ieri allora ha fatto con i fedelissimi il punto della situazione sui passi futuri, sebbene i dati fossero ancora in corso di definizione. "È chiaro - ha spiegato - che se abbiamo la maggioranza sia alla Camera, sia al Senato anche di un solo seggio, dovranno dare l'incarico subito a me. Non ci credo, ma... In quel caso il vertice della coalizione e la guida dell'esecutivo spettano a me. Su questo non ci sarà dubbio". Ma per la prima volta, nella lunga notte dello scrutinio, il presidente del consiglio ha fatto riferimento ad un'opzione sempre scartata, il "governo tecnico".
Certo, il suo è stato solo un esempio di scuola. Fatto insieme ad altre ipotesi. Ma la possibilità del pareggio, questa volta è presa seriamente in considerazione. "Se ci saranno due maggioranze diverse o solo se semplicemente l'Unione non fosse in grado di assicurare stabilità al paese, sarebbe meglio varare un governo tecnico per poi tornare a votare in tempi brevissimi". A suo giudizio, infatti, l'eventuale vittoria al "fotofinish" del centrosinistra porterebbe "direttamente all'ingovernabilità: una cosa inaccettabile". "Se prevale Prodi, il governo non ci sarà. Avete visto quanti voti hanno preso Bertinotti, Pecoraro e Diliberto? Come possono pensare di governare con un sbilanciamento tanto marcato a sinistra?".

Per il leader forzista, però, il "governo tecnico" non si muoverebbe lungo la prospettiva della "grande coalizione". Non seguirebbe il modello tedesco, dunque. Ma sarebbe un sorta di passaggio obbligato per riportare rapidamente il paese alle urne e chiedere la rivincita. Solo pochi giorni fa era sicuro: "il pareggio non ci sarà". Adesso, il testa a testa segnalato dagli exit poll, evidentemente gli ha fatto cambiare idea. In realtà, sebbene in campagna elettorale si fosse trincerato dietro il famigerato sondaggio americano, anche a Palazzo Chigi pochi si aspettavano numeri tanti favorevoli. E il Cavaliere ha fornito la stessa spiegazione con la quale giustificava il diverso andamento delle sue ricerche rispetto a quelle di tutti gli altri: "Nessuno lo accetta, ma gli elettori del Polo e in particolare quelli di Forza Italia non amano dichiarare le loto intenzioni di voto. Insomma, si vergognano. Esattamente come in passato capitava con la Dc. Nessuno ammetteva di votarla e poi tutti la votavano".
In un clima di tale incertezza, quindi, il ventaglio di possibilità sul tavolo del premier era amplissimo. Tant'è che se ce ne fosse bisogno, Forza Italia proverà a fare "shopping" al Senato tra i senatori dell'Unione. "I democristani della Margherita - ripete da tempo il premier - perché non dovrebbero collaborare con noi?". Ma soprattutto gli occhi di Via del Plebiscito sono puntati sull'Udeur di Clemente Mastella che a Palazzo Madama dovrebbe contare su una pattuglia di senatori.


Fonte - La Repubblica


 

 

 


 

   Addio al risparmio finanziario

2 Aprile 2006 Roma -  di Lucio Cillis
________________________________________

Più case e oggetti di valore, meno Bot e azioni. Crolla il risparmio finanziario delle famiglie, soprattutto degli operai, impiegati, casalinghe, disoccupati e pensionati. In quattro anni gli investimenti in titoli, si sono dimezzati al netto dell´inflazione e se la ricchezza finale delle famiglie è alla fine salita di circa il 10%, ciò è dovuto solo alle abitazioni di proprietà, il cui valore sempre in termini reali è salito del 20%. Questo dice la ricerca della Fondazione Icu (Istituto consumatori utenti), "Italiani tra banche e bancarelle" tra il 2000 e il 2004, che utilizza e rielabora dati di Bankitalia. 

Lo studio dimostra che per tutte le categorie (dagli operai agli imprenditori), le attività finanziarie delle famiglie italiane, a prezzi attualizzati al 2004 e quindi al netto dell´inflazione, sono in forte diminuzione. Il conto più salato è pagato dagli operai le cui disponibilità finanziarie sono crollate in termini reali dell´88,2 per cento, passando dai 9.985 euro del 2000 ai 1.181 euro del 2004. Stessa sorte per le famiglie di casalinghe e disoccupati (-67,6 per cento), impiegati (-49 per cento) e di pensionati, con un calo del 41 per cento.
A questa debacle del risparmio finanziario, fa da contraltare il boom delle attività immobiliari, cresciute tra il 14 per cento degli impiegati e il 23 per cento dei pensionati. L´unico segno meno (del 7,6%) è quello che riguarda casalinghe e disoccupati che sconta un incremento molto modesto del valore degli appartamenti (+8,6%). Un dato, questo, che non riesce ad equilibrare il meno 68% accumulato in quattro anni sui risparmi finanziari.

Alla fine, il saldo per la famiglia media italiana è positivo e dunque, anche in termini reali, il suo patrimonio è salito. Ma la media nasconde situazioni molto diverse tra loro. Mentre impiegati e operai vedono la loro ricchezza complessiva salire tra il 4 e il 7 per cento, dirigenti, imprenditori e commercianti presentano incrementi di gran lunga più sostenuti. Vediamo i dirigenti: se questa categoria perde in termini reali il 32% alla voce attività finanziarie, che sono passate da 43 mila euro del 200 ai 29 mila del 2004, l´altra voce (gli immobili) segna un più 17% per una crescita media della ricchezza pari al 10%. Ancora meglio stanno gli imprenditori: al meno 37% registrato dalle attività finanziarie, si oppone un +22,7% del valore degli immobili e alla fine l´aumento del patrimonio sfiora il 16%. Ma sono gli autonomi a stabilire il record di crescita delle proprie fortune economiche: che raggiungono in media il +38,6% grazie ad un +47% del valore immobiliare.

Ma se la ricchezza complessiva è comunque in crescita per quasi tutte le categorie, lo studio dell´Icu non manca di segnalare il forte divario che si è creato negli stessi anni nel reddito reale, cioè calcolato al netto dell´inflazione. Operai meno 3,4%, impiegati meno 4,9, pensionati meno 2,5. E di contro: dirigenti più 7,4%, altri autonomi più 12,1%, imprenditori e liberi professionisti più 20,8%. Ne derivano comportamenti assai diversi sui consumi: sostanzialmente stabili quelli delle fasce più basse, fortemente saliti gli altri.


Fonte - La Repubblica

 

 

 

  Sabato  9  aprile  2006   Giovedì  20  aprile  2006   Sabato  29  aprile  2006  
       
..... scarica in formato PDF ..... scarica in formato PDF ..... scarica in formato PDF .....

 

 

 

 

   Più BRIC meno BOT

2 Aprile 2006 Milano - di Laura Magna

________________________________________

Mettetevi bene in testa questa formula: Bric, che sta per Brasile, Russia, India e Cina. Ovvero le quattro economie che, nel giro di pochi anni, occuperanno le prime posizioni nella classifica del pil mondiale, scavalcando Paesi come l’Italia, la Francia o il Regno Unito. Per questo i Bric Fund sono ormai la scelta obbligata dei gestori a caccia di azioni che possano garantire una certa redditività nel tempo. E fondi o azioni emergenti sono la scelta obbligata anche per i piccoli investitori che cercano rendimenti consistenti anche nel lungo periodo, tramite i fondi o gli Etf, sia per chi, con la stessa ottica di lungo periodo, va a caccia delle blue chip del XXI° secolo, più numerose tra i Bric che in Europa.
Qualcosa è cambiato, infatti, sul fronte degli emergenti. E lo dimostra la decisione della City di accelerare i tempi per diventare la prima piazza (in concorrenza con New York) per trattare, fuori dai confini domestici, i big russi, cinesi o del Brasile. E questa settimana analisti e trader di tutto il mondo sono rimasti incollati ai terminali Bloomberg per seguire le trattative sui minerali brasiliani. La Companhia Vale do Rio Doce, il più grande ed efficiente produttore al mondo di minerali ferrosi, è un titolo ideale per «cassettisti», se si guarda alla solidità del business e per le valutazioni (un p/e atteso inferiore a 8).

La Companhia sta per chiudere, a giorni, la trattativa con i clienti cinesi sul listino 2006: Pechino chiede uno sconto sulle richieste (il 24% in più rispetto al 2005 quando i prezzi erano schizzati del 72%), a San Paulo non ci sentono, perché la domanda supererà l’offerta fino al 2010.
Bando ai luoghi comuni: i titoli emerging non soffrono necessariamente di illiquidità. Anzi, molti colossi russi o brasiliani scambiano più della media giornaliera di azioni quotate a Piazza Affari. E il retail disposto a cavalcare l’onda emergente può puntare, secondo gestori e analisti interpellati da BB&F, su un titolo solido come la coreana Samsung. «Sottopesiamo la tecnologia - dice James Syme, gestore del comparto Sgam Fund Equities Global Emerging Countries di Société Générale - Ma le valutazioni di Samsung restano attraenti: il p/e 2007 sarà di 9,4».

Un altro tema classico è quello delle materie prime. La brasiliana Petrobras (petrolio) «è impegnata - continua Syme - in una strategia di crescita per rendere il Brasile autosufficiente dal punto di vista energetico. Senza dimenticare che si tratta di uno dei titoli emergenti più a buon mercato in assoluto, con un p/e di 7,2». Altra grande occasione sono le banche. Le prospettive per il gestito, i mutui, i prestiti personali sono eccezionali. «Le banche rappresentano il 25% del fondo che gestisco - dichiara Irina Topa-Serry, strategist di Axa Investment Managers - La strada verso l’Ue potrebbe produrre una crescita esponenziale nel credito al consumo nell’Est o in Turchia. Come in Portogallo, dove nel 1992, prima dell’adesione, pesava per il 13% del pil e oggi ammonta al 50%».
Ne potranno beneficiare dunque le banche specializzate nella clientela retail come l’ungherese Otp Bank. «È uno dei principali titoli dello Sgam Fund Equities Eastern Europe - afferma il gestore Mark Krombas - ha un alto roe, un buon profilo di crescita e valutazioni attraenti». Un discorso simile vale per la banca commerciale Kookmin Bank, i cui conti potrebbero andare al traino della crescita del pil sudcoreano, stimata al 5,1% nel 2006.
 

Fonte - Bloomberg - Borsa & Finanza
 
 

 

 

Venerdì  7  aprile  2006   Mercoledì  12  aprile  2006   Mercoledì  19  aprile  2006
   
scarica in formato PDF ..... scarica in formato PDF ..... scarica in formato PDF

 

 

 

 

L'affondo dei PM su Geronzi

6 Aprile 2006 Milano - di Morya Longo

________________________________________

«Va posto nella massima evidenza che mai fatti tanto gravi come quelli in esame avrebbero potuto essere reiteratamente consumati se l'attuale imputato non fosse in grado di esercitare un potere assolutamente incontrastato e incontrastabile nelle strutture operative della banca». Il Pm di Parma, Vincenzo Picciotti, non usa parole dolci nei confronti del presidente di Capitalia Cesare Geronzi. E, nella memoria che ha depositato al Tribunale di Bologna quando quest'ultimo si doveva pronunciare sull'interdizione del numero uno di Capitalia, "smonta" tutte le tesi difensive: Geronzi - sostiene - continuava a commettere illeciti anche mentre erano in corso le indagini e l'intera banca, «dal gestore del cliente all'amministratore delegato» gli «chinava il capo» e continuava a «obbedire docilmente».

Il documento depositato dal Pm ripercorre la vicenda della vendita alla Parmalat di Calisto Tanzi della Ciappazzi, società fallita del gruppo Ciarrapico: evento "chiave" nell'accusa a Geronzi nell'ambito del default della Parmalat. Come noto, gli inquirenti sostengono che Capitalia voleva sgaravarsi dell'esposizione verso il gruppo Ciarrapico e per questo ha chiesto a Tanzi di rilevare la Ciappazzi sebbene fosse decotta.
Per dimostrare questo punto, il Pm nella sua memoria racconta due particolari finora inediti. Uno: «I soci, il cda, gli organi di controllo interni a Banca di Roma nonché alla Banca d'Italia erano stati tenuti all'oscuro dell'irrecuperabilità di tre quarti dei 400 miliardi circa erogati sino al dicembre '98 a favore del gruppo Ciarrapico». Due: «Nel 1999 è stato approvato un terzo piano di ristrutturazione del gruppo Ciarrapico, il Piano Gallo, con cui era stata programmata l'erogazione di nuova finanza per 255 miliardi di lire». È per questo - sostiene il Pm - che Geronzi preme su Tanzi affinché acquisti la Ciappazzi e gli sgravi l'esposizione su Ciarrapico.

Ma Tanzi già allora era in crisi. E Capitalia lo aveva capito. Nella primavera del 2001 - scrive a chiare lettere il Pm - «mentre l'area crediti segnalava l'opportunità di escludere le aziende turistiche di Tanzi dal novero dei clienti della banca, Geronzi lo cooptava addirittura nel cda». Così si arriva al 2002, quando la vendita della Ciappazzi si è conclusa. Quando però Tanzi scopre che la società delle acque potabili del gruppo Ciarrapico era in sostanziale stato fallimentare, ha deciso di interrompere i pagamenti. Poi, però, ci ha ripensato. Perché? Secondo il Pm perché aspettava un finanziamento da 50 milioni di euro da Banca di Roma per salvare la Hit, la società turistica di famiglia. Insomma: Geronzi - secondo l'accusa - costringe Tanzi a rilevare la Ciappazzi in cambio del credito.
Ma anche su questo finanziamento, il documento depositato dal Pm di Parma rivela retroscena inediti.

«Subito dopo la pausa estiva - scrive il Pm - le verifiche delle strutture tecniche di Capitalia-Mcc comprovavano l'impraticabilità della soluzione presidenziale» (cioè del finanziamento alla Hit, ndr). Anche Arpe, l'allora direttore generale e oggi amministratore delegato, «manifestava contrarietà».
Ma questo non interrompe l'erogazione: «Il finanziamento - scrive il Pm - veniva naturalmente in seguito approvato, e meno di due mesi dopo il recalcitrante Arpe (...), sia pure con le opportune cautele, concedeva la sua approvazione dell'aggressivo piano industriale Hit». Il via libera - continua il Pm - arriva sebbene Arpe fosse ben consapevole «delle modalità illecite del finanziamento» e «della non credibilità del piano industriale della Hit». Poi il Pm racconta altre vicende, come l'offerta sulla Ciappazzi arrivata dalla Busi Ferruzzi solo per dimostrare che la società del gruppo Ciarrapico fosse appetibile anche ad altri.
 

Fonte - Il Sole 24 Ore

 

 

 

 

 

 

I 50 Paperoni di Piazza Affari

2 Aprile 2006 Milano - di A. Bar.
________________________________________

Poco meno di 350 milioni di euro: a tanto ammonterebbe secondo uno studio pubblicato da "Milano Finanza" la torta che si spartiscono i top manager delle società a maggior capitalizzazione quotate a Piazza Affari. Fra stipendi, benefit, premi e stock option, nel 2005 i 50 uomini d'oro della Borsa italiana contabilizzano una cifra ragguardevole.
In testa alla classifica stilata da Milano Finanza c'è l'ex numero uno dell'Eni: Vittorio Mincato ha la busta paga più pesante in assoluto, ben 16 milioni e 598mila euro, composta da un emolumento base pari a 230mila euro, mentre il resto è rappresentato da stock option ( 644mila euro), premi, e bonus. In seconda posizione Antonio Favrin, presidente di Marzotto, con 14 miliardi e mezzo abbondanti. Terzo Marco De Benedetti, ad della Telecom, quarto Paolo Scaroni, ex amministratore delegato dell'Enel, passato poi a guidare il Cane a sei zampe, che nel 2005 ha percepito poco meno di 9 milioni e mezzo di euro.
Poco meno che scontate le remunerazioni sborsate dalla Fiat per pagare gli attuali timonieri del Lingotto: i dati, divenuti di dominio pubblico all'inizio del mese di marzo, vedono un testa a testa fra il presidente Luca Cordero di Montezemolo con 7,039 milioni di euro e l'amministratore delegato Sergio Marchionne (6,999 milioni). In realtà, secondo quanto riportato a suo tempo dal Sole 24 Ore, a guadagnare di più sarebbe l'ad, in vitù di emolumenti che gli derivano da altri incarichi in seno al Lingotto: secondo i calcoli del quotidiano paglierino Marchionne arriverebbe a incassare 7,8 milioni di euro.
Fra i nomi illustri che non compaiono nei primissimi posti della classifica stilata da Milano Finanza , segnaliamo Marco Tronchetti Provera con 5,2 milioni percepiti in qualità di presidente della Telecom e Pier Silvio Berlusconi, con " appena" 2 milioni di euro che gli arrivano per la sua vicepresidenza di Mediaset. Più in basso ancora Luciano Benetton, presidente dell'omonimo gruppo, che nel 2005 ha ricevuto 1,6 milioni. Molto nutrita la pattuglia dei banchieri, che con poche eccezioni si collocano tutti nelle prime posizioni. A sorpresa, però, il primo è Alberto Nagel ( 9,1 milioni), direttore generale di Mediobanca, uno dei delfini dell'ex ad di Piazzetta Cuccia Vincenzo Maranghi, fatto fuori dalle banche nell'aprile di tre anni fa.
A poca distanza - si fa per dire - il grande timoniere di Unicriedito, Alessandro Profumo, con 7,8 milioni di euro, seguito da Corrado Passera ( Banca Intesa), cui sono andati oltre 6 milioni e mezzo fra emolumenti, bonus e premi vari. Interessante lo spaccato che rigurda le società di calcio quotate in Borsa. A fare la parte del leone quanto è la famosa triade bianconera: Luciano Moggi, Antonio Giraudo e Roberto Bettega, rispettivamente direttore generale, amministratore delegato e vicepresidente della Juventus.
Ebbene, il primo ha contabilizzato 2,4 milioni (di cui però appena 5mila euro di emolumento), il secondo 2,1 milioni e il terzo 1,2. Rosella Sensi, amministratore delegato della As Roma, ha guadagnato poco meno: un milione e 140mila euro. Vale la pena di notare però, che il re delle stock option, non compare del tutto nella classifica: si tratta di Rosario Bifulco, amministratore delegato di Lottomatica che ha appena incassato 30 milioni di euro grazie all'esercizio delle stock option. Soldi che verranno contabilizzati però, alla fine dell'anno in corso.


Fonte - Libero


 

 

 

 

 

 

 

 

 

   Scalata RCS: il furbetto Ricucci finisce in manette

18 Aprile 2006 16:54 Roma - (di ANSA)
______________________________________

Stefano Ricucci è stato arrestato oggi a Roma. Le fiamme gialle gli hanno notificato l' ordinanza di custodia cautelare nel primo pomeriggio negli uffici della sua società, la Magiste, in viale Regina Margherita. Era appena rientrato nella capitale, di ritorno da una vacanza trascorsa a Ischia con la moglie Anna Falchi.
Una vettura lo ha condotto nel carcere di Regina Coeli senza clamori, mentre cominciavano già a diffondersi le prime, incerte indiscrezioni sul clamoroso arresto. Di Stefano Ricucci, una scalata imperiosa nel salotto buono della finanza, si paventava da tempo la possibilità di un arresto: troppe le operazioni sospette finite al vaglio degli inquirenti romani. Oggi la cattura per il fallito arrembaggio alla Rcs.

Gli inquirenti hanno chiesto ed ottenuto l' arresto perché Ricucci, appena qualche settimana fa, ha reiterato il reato di aggiotaggio per il quale era già sotto inchiesta. Non solo, per i pm Giuseppe Cascini e Rodolfo Sabelli, a giustificare la detenzione c' era anche il pericolo di inquinamento delle prove. Giovedì sarà interrogato a Regina Celi insieme agli altri arrestati. Con l'immobiliarista sono finiti in carcere, ma per favoreggiamento e rivelazione di segreto d' ufficio, anche un militare della finanza, il brigadiere Luigi Leccese, un ex colonnello dell'esercito, Vincenzo Tavano, ed un imprenditore, Tommaso Di Lernia. I tre avrebbero fornito informazioni all' immobiliarista sull'inchiesta giudiziaria con particolare riguardo alle perquisizioni eseguite, numerose, dal nucleo valutario della Guardia di Finanza. Respinta dal gip Orlando Villoni un'altra richiesta di arresto riguardante il braccio destro di Ricucci, il commercialista Luigi Gargiulo, il quale rimane tuttavia indagato.

A determinare l' arresto di Ricucci sono state le sue operazioni sul pacchetto azionario (14 percento) in suo possesso della Rcs, attualmente in pegno nella Banca popolare italiana. Nell' ordinanza di custodia si afferma che il tentativo dell' immobiliarista romano era quello di far salire il valore dei titoli Rcs in modo da aumentare il valore del proprio pacchetto. Un' operazione che gli avrebbe consentito di far fronte al debito di oltre 700 milioni di euro che aveva nei confronti della stessa Bpi.
Il meccanismo creato da Ricucci, ed emerso da intercettazioni telefoniche (i protagonisti erano sicuri di parlare su un apparecchio "sicuro"), era, secondo la procura, ottenere finanziamenti per l' acquisto di titoli Rcs da due istituti bancari, la Banca di New York ed un istituto di credito olandese, in favore di due società lussemburghesi ed a lui riconducibili. Un' attività, in sostanza, che ricalcava quanto già, in precedenza, aveva determinato la sua iscrizione nel registro degli indagati ed il sequestro di 22 milioni di euro di plusvalenze.

"Il comportamento di Stefano Ricucci, che fece ingenti acquisti di titoli Rcs Mediagroup accompagnati da ripetute e false dichiarazioni alla stampa, ha contribuito in maniera determinante all'andamento al rialzo delle quotazioni del titolo. Andamento favorito, secondo quanto ricostruito dalla Consob, anche dalle modalità con le quali sono state effettuate le operazioni di acquisto sul mercato da parte di Ricucci, con ordini per quantitativi ingenti spesso collocati in prossimità della chiusura delle contrattazioni". Così avevano scritto i pm Giuseppe Cascini e Rodolfo Sabelli nella richiesta di sequestro delle azioni Rcs Mediagroup spa, di proprietà di Magiste International sa, depositate presso la Banca Popolare Italiana. Modalità, che nonostante le indagini in corso, Ricucci avrebbe reiterato sentendosi al sicuro.

Fonte - ANSA

 

 

 

  Sabato  22  aprile  2006   ........................................................................................
..... .....

 

Comunicazione da Redazione Studio CFA

Gli articoli sotto riportati, sono pubblicati solo ed esclusivamente per dovere di cronaca. Ricordiamo che l'obiettivo di questa Rassegna Stampa è quello di contribuire a creare una memoria storica su temi di grande importanza sia a livello Internazionale che Nazionale.Riteniamo interessante pubblicare questo articolo e il dibattito che ne è seguito, per cercare di fotografare lo stato di evoluzione di un importantissimo settore come quello della promozione finanziaria. E' altresì doveroso segnalare, che Studio CFA, pur essendo specializzato in consulenza finanziaria indipendente può contare su un bacino di clienti composto non solo da risparmiatori ma anche da addetti ai lavori come PF e Banche a dimostrazione di quanto il settore della promozione finanziaria italiana stia mutando.

  scarica in formato PDF    

 

 

 

 

   Consulenti finanziari, vendete a tutti i costi

20 Aprile 2006  - Roma
________________________________________

«Quella della consulenza finanziaria», scrive un lettore promotore finanziario e sindacalista, «è una realtà lavorativa in cui prevale uno stato di permanente tensione, rivolto al raggiungimento di sempre nuovi e più ambiziosi risultati, che coinvolge, a cascata, tutta la catena di comando. A capo vi sono i responsabili e direttori di filiale, pesantemente sotto pressione per raggiungere i budget commerciali (il collocamento dei prodotti giudicati, di volta in volta, più remunerativi per la banca). Contemporaneamente, vengono allettati da incentivi economici, legati al raggiungimento degli obiettivi, che, in alcuni casi, possono rappresentare cifre di un certo interesse (decine di migliaia di euro per direttori di agenzie di grandi dimensioni)».
«Vi è chi cerca di non soccombere a questa logica piuttosto oppressiva, chi ne viene travolto, chi pensa che sia proprio giusto. Ognuno trasmetterà, di conseguenza, i messaggi aziendali ai sottoposti, consulenti e gestori finanziari, i quali, ogni giorno, sono impegnati con nuove campagne commerciali, chiamati a dare conto delle vendite, assillati dall’ansia per i budget da raggiungere. Anche loro sono incentivati da quote di salario variabile, ma con importi decisamente inferiori.
Il clima culturale in azienda li induce a credere che siano vincenti quelli che riescono a far mettere la fatidica firma ai clienti sul contratto e che realizzano sempre i budget, così come sono perdenti e fuori dal mondo quelli che hanno ancora una coscienza cui rispondere e non sempre riescono a raggiungere questi risultati.
Queste sono le tesi aberranti che vengono propinate nelle riunioni periodiche e nei corsi, sedicenti, di formazione, dove lo psicologo di turno viene a fare il lavaggio del cervello ai partecipanti per spiegare come strappare la firma al cliente (facendo le smorfie o la voce suadente) e come sia giusto esaltarsi per il risultato ottenuto. Il successo (la firma) prescinde da qualsivoglia analisi delle qualità del prodotto offerto, tema invece da non trascurare, come dimostra l’annuale (e molto critico) studio di Mediobanca sul risparmio gestito».
«Se questo è il contesto lavorativo, mi sento di affermare con convinzione non solo che esiste un problema di scarsa preparazione tecnica, ma che ciò è funzionale al sistema. Non stupisce che si moltiplichino le denunce sulla crescita di disturbi psicologici e nervosi nella categoria. Faccio parte di un piccolo ma combattivo sindacato, che si è sempre battuto per un diverso modello di lavoro, che preveda una figura professionale in grado di sapere realmente che cosa stia facendo, che abbia una vera preparazione sui prodotti finanziari, che sia in grado di dare davvero consulenza al cliente e non eserciti solo il mestiere del piazzista spingendo il prodotto sollecitato, di volta in volta, dalla banca.
Vorrei ricordare come, a parole, le banche affermino che la tutela del cliente è al centro della loro attenzione (vi sono documenti che enunciano nobili principi, come il Protocollo etico firmato dall’Abi prima del rinnovo dell’ultimo contratto), ma la realtà quotidiana, fatta di budget da raggiungere e campagne commerciali da portare a termine, mi induce a ritenere che in Italia si sia ben lontani dal rispetto dell’articolo 47 della Costituzione, laddove recita che “la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio”.
Dovendo individuare le ragioni di questa deplorevole situazione, io le cercherei, in sintesi, nelle modalità del processo di privatizzazione delle banche avviato nel 1990, che ha prodotto un sistema oligarchico, dove la competizione consiste nella spremitura di commissioni e spese dai risparmi della clientela, oltre che nella riduzione del costo (quello fisso) del lavoro».
 

Fonte - La Stampa per Wall Street Italia

 


 

 

 

 

Promotori Finanziari: sono piazzisti o bancari ?

21 Aprile 2006 8:46 - New York (di WSI)


Wall Street Italia ha ricevuto in poche ore decine di commenti alla lettera CONSULENTI FINANZIARI, VENDETE A TUTTI I COSTI, alcuni a favore, altri decisamente contro. Cio' significa che e' giusto discutere dell'argomento. Cominciamo con pubblicare una prima selezione di lettere, invitando tutti coloro a cui sta a cuore la questione, sia dal punto di vista delle banche e dei promotori sia da quello degli investitori/risparmiatori, di far sentire la propria voce.
______________________________________________
 

Gianmario Milanesi, operatore titoli retail, fpa
Condivido pienamente il testo dell'articolo, ed aggiungo che sul mercato del lavoro non conta nulla la qualificazione professionale, ma solo il portafoglio clienti e la capacita' di "vendere" in modo passivo ciò che l'azienda stabilisce.
Delusi saluti
______________________________________________
 

Mosè Ambrosi, trader
Il vero problema è chiamare quelli che erronemente nell'articolo vengono definiti CONSULENTI FINANZIARI con il loro vero nome: "PIAZZISTI"! Non capisco di cosa si debba lamentare il promotore/sindacalista che pensa di essere un consulente finanziario quando come promotore finanziario con mandato, per legge non può fare assolutamente espletare il servizio di consulenza finanziaria. Può solamente "piazzare" ciò che gli viene imposto dal mandatario sia esso banca, assicurazione o altro.
E' chiaro che ciò che dovrà essere piazzato rispecchierà il solo interesse del mandatario stesso! La soluzione non sono le lotte sindacali, ma la vera consulenza finanziaria indipendente cioè senza mandato dove il compenso non è rappresentato dalle provviggioni sui prodotti scadenti che le banche propinano, ma dal compenso che si percepisce dal cliente per una consulenza vera nel solo e unico interesse del cliente stesso! Ma per far questo ci vogliono competenze che molti pseudo-consulenti finanziari in realtà promotori finanziari scadenti non hanno... A questi non resta che fare i "piazzisti" appunto...
E se la morale e/o l'etica crea loro dei gravi problemi di coscienza come in realtà dovrebbe essere, più che a lotte sindacali o moralizzazioni impossibili consiglio di cambiare semplicemente il prodotto da piazzare: aspirapolveri per esempio!
______________________________________________
 

Pierluigi Baschieri, promotore finanziario
L'autore presenta una realtà parziale e da non generalizzare. Se è vero che il mondo del risparmio gestito è ancora troppo basato sulla vendita e troppo poco sulla consulenza (ma non è così anche per altri ambiti economici?) la mia esperienza personale mi induce ad affermare che se un promotore lo vuole, ha la possibilità di svolgere la sua professione con coscienza, in modo remunerativo e socialmente utile.
E' evidente che occorre scegliere una banca od una sim che consenta di lavorare in questo modo, scartando le realtà troppo "aggressive" e nelle quali si enfatizzano le tecniche di vendita a scapito della formazione più propriamente detta. Un elemento di valutazione obiettivo è senz'altro la quantità di promotori qualificati Efpa presenti. Per poter svolgere bene il lavoro di promotore finanziario, è necessario avere una base di portafoglio e di clienti che non costringa a spremere di commissioni.
Diciamo che le soglie minime sono 5/7 milioni di euro e 100 clienti. Con questi numeri, e con la coscienza di chi sa che svolge una professione delicata, e per questo ha un'ottica lungimirante, si può essere ottimi promotori, che svolgono il ruolo di tutelare il risparmio e di educare a questo la clientela. Chi trova un promotore così ( e ce ne sono )... se lo tenga stretto e lo segnali ai propri amici.
Buon lavoro!
______________________________________________
 

Andrea Floris, Promotore Finanziario
A volte leggendo certi articoli rimango a bocca aperta. Ma chi ha scritto l'articolo dove vive? Senz'altro le banche in generale, hanno alti budget e fanno di tutto per raggiungerli, comprese riunioni per convincere i promotori (o i gestori della clientela degli sportelli) a vendere, vendere vendere. Ma secondo lui che fa un notaio, o un commercialista, o un imprenditore?
Che fa il barista sotto casa o il commerciante di abbigliamento in centro? Che fa la compagnia telefonica, la casa farmaceutica o il supermercato? L'ossessione della nostra economia e' l'aumento del PIL, che si traduce nell'aumento di fatturato delle singole aziende. Chi scrive l'articolo non lo sa?
E' ovvio che tutto questo si traduca in pressione su tutti quanti ad aumentare i fatturati. Bisogna vedere quanto queste pressioni si traducono in comportamenti scorretti e in fregature. Ma per favore, non facciamo la scoperta dell'acqua calda! Sono d'accordo che le banche danno poca preparazione tecnica a chi vende prodotti finanziari, ma questo avviene anche perche' gli obblighi legali sono minimi. Se un farmacista deve essere laureato in farmacia, perche' un promotore finanziario puo' solo limitarsi ad essere diplomato al liceo classico? Se un medico e' obbligato ad aggiornarsi continuamente perche' chi vende prodotti finanziari non ha alcun obbligo? Perche' i controlli sono minimi e le sanzioni inesistenti? Forse sono queste le domande da farsi...
______________________________________________
 

Aldo Benedetti, direttore di banca a riposo
E' totalmente vero quello che scrive il sindacalista del piccolo sindacato. E' oltraggioso per chi intende lavorare con etica professionale ciò che viene proposto dalle direzioni generali. Chi non è d'accordo con la linea stabilita dalla direz.gener.le viene emarginato ( ne conosco alcuni che si sono opposti); due cose significative: chi ritiene l'input giusto cerca di fregare chiunque, anche il collega se possibile.
Il Dir. Generale di una banca di discrete dimensioni, ha percepito di premio di incentivazione un miliardo e mezzo delle vecchie lire. Vorrei sapere chi deve controllare la vendita di prodotti spazzatura. Comunque io penso che anche i sindacati (non quelli piccoli, ma proprio tutti) dovrebbero vigilare assiduamente ed opporsi a scelte da parte dell'azienda banca, che possono mettere in difficoltà i lavoratori del settore di ogni ordine e grado e salvaguardare la clientela meno attenta a ciò che le viene propinato in maniera spesso disonesta.
______________________________________________
 

Daniele Monti, Consulente iscritto albo Promotori Finanziari
Riscontro in quanto affermato un fondo di verità. E' vero che le presioni esercitate sulla "forza vendite" sono volte ad ottenre un risultato economico e non a far aumentare la cultura finanziaria e la consapevolezza degli investitori. Però devo dire, da ex manager oltre che promotore (oggi consulente nel settore) che i professionisti seri ci sono comunque. E resistono alle presioni in forza di un portafogli oconsolidato e fatto da clientela che ha avuto una corretta conuslenza (e che quindi è fidelizzata).
Ho sempre criticato i prodotti che non potevano essere collocati indistintamente e ciò mi ha portato a scontri (con i superiori ed i colleghi) che ho sopportato forte dei risultati che ottenevo comunque, rispondendo correttamente alle esigneze dei miei clienti. Il punto è che le figure di "private banker" sono per persone che hanno professionalità, correttezza e ottimi contatti sociali. E quasi nessuno di essi lavora per le grandi reti di vendita piene di ragazzi che scambiano i risultati economici che a volte ottengono con un lavoro vero e degno di questo nome. Per loro il successo sarà breve ed effimero. Per chi invece non si piega alle logiche del budget consiglio una carriera diversa (anche se magari affine) come io ho scelto di fare. Di soddisfazioni e reddito ce ne saranno di più quando le nostre azioni saranno utili ( e non dannose) ai nostri clienti. Non ci saranno più "lavaggi del cevello" ne riunion idle lunedì mattina. E la vita sarà più serena e soprattutto più felice.
Dare la colpa al sistema è giusto e legittimo ma è nella natura stessa dei sistemi favorire i risultati a scapito della modalità in cui vengono raggiunti. E questo in tutti i settori anche se banche ed assicurazioni dominano la scena.
______________________________________________
 

Gustavo Romani, quadro direttivo
Sono un quadro direttivo di una banca fra le prime,in Italia.
Non solo sono d'accordo e confermo quello che dice l'autore della lettera ma aggiungo:
Ma quali consulenti finanziari, nelle banche fra poco metteranno alla vendita anche gli addetti alle pulizie, tanto e' il grado di preparazione che viene richiesto a questi signori. Il motivo : semplice meno sai, meno capisci di cosa stai trattando, con lo sprovveduto di turno meno scrupoli ti poni e meno obiezioni rivolgi a chi ti impone di vendere quel tipo di prodotto, chiaro no e vi assicuro non e' una esagerazione.
Nel mio caso sono stato "gentilmente" allontanto dalla mia naturale sede e occupazione perche' ho sempre rifiutato la logica dellla vendita a tutti i costi, senza peli sullo stomaco come diceva il responsabile... commerciale dell'epoca, tra l'altro che fine ha fatto?, perche' poi una volta Usati e Spremuti a dovere, dovete sapere che questi "STRUMENTI CIECHI DI OCCHIUTA RAPINA" questa la frase con cui si rivolse a me un giorno un tutt'altro che sprovveduto cliente, vengono sollevati dall'incarico e mandati a svernare in luoghi piu'tranquilli.
Ora il punto e': chi come me ha gli attributi, non si piega, pero' poi in un modo o nell'altro paga.
Tutti gli altri, e sono TUTTI, cedono per: paura, ricattabilita dovuta a poca anzianita'di servizio, "tengo famiglia", promesse di carriera ecc.. , a tal proposito non ho mai visto tanti graduati in giro, mi sembra l'esercito del famoso Franceschiello Re di Napoli ve lo ricordate che per non scontentare nessuno promuoveva tutti.
Ma sopra ogni cosa cio' che muove questa orda di senza peli s.s. sono i SOLDI.
Ma figuratevi, con i premi che si possono conquistare al raggingimento del budget :4000 6000 10000 17000 euro a seconda dei casi c'e gente che venderebbe la madre. Concludo ,al momento non vedo soluzione se non quella di confidare nell'intervento di San Vittore protettore del risparmiatore.
a disposizione per qualsiasi chiarimento vi invio un cordiale saluto.
______________________________________________
 

Ernesto Cinardi, promotore
Si sono pienamente d'accordo con il collega. Ma ci sarebbe molto altro da dire sulle banche sul sistema ed altro. faccio solo presente che esercito l'attività da una decina di anni e di cose da dire ce ne sono tante.
______________________________________________
 

Paolo Giammarino
Sono un ex P.F. e nauseato ho lasciato questo lavoro dove la banca si arrichische il PF vive di gloria sopportando tutte le lamentele dei clienti per avergli venduti prodotti trappola a remurazione zero se va bene,o addirittura negativo. Conseguenza il cliente perde la fiducia del PF,la banca ha guadagnato oltre misura,ed il PF come un cane sciolto dove ricorere ad acquisire nuovi clienti per vendere i soliti prodotti ad esclusivo vantaggio dell'ente emittente.
In definitiva per favorire le banche hanno distrutto un lavoro rendendolo paragonabile ai venditori porta a porta (del tipo vendita televisa prodotti ad alta qualità ma appena comperati ci si accorge che sono prodotti monouso)in quanto le banche italiane (meno quelle estere) non hanno MAI fatto gli interessi del cliente,e mi permetto di dire hanno sempre fatto l'esatto opposto (mi fanno ridere alcune persone che dicono "il direttore della filiale è un mio carissimo amico sicuramente mi consiglia bene"),ed ecco che gli rifilano il solito prodotto bancario "SOLA".Il bello che dopo che il direttore e colleghi hanno terminato il loro budget di prodotti scadenti,vengono trasferiti in altre filiali,per non affrontare le lamentele dei clienti.
A questo punto inizia la seconda fase cioè Il cliente non soddisfatto si lamenta con il nuovo direttore il quale si giustifica"per questo motivo il precedente direttore è stato trasferito,ma non si preoccupi ora ci sono io pronto a far recuperare le sue perdite compri questo NOSTRO prodotto,si immagini lo comprato anche per mio figlio e mia moglie le garantisco che è ottimo"ed ecco l'ennesima sola.
______________________________________________
 

Andrea de Angelis, European Financial Advisor
Mi sembra di essere tornato indietro di svariati anni.
Il settore bancario negli ultimi anni ha subito un notevole cambiamento, migliorando la qualità del servizio, la preparazione delle risorse e sopratutto la chiarezza e la trasparenza. Tuttavia i gruppi bancari non si sono trasformati in O.N.L.U.S e restano quindi aziende commerciali orientati al business. Questa normale condizione spesso rende gli impiegati bancari frustrati perchè non in linea con gli obiettivi aziendali. Del resto oggi la normativa non impedisce nessuno di mettersi in proprio con uno studio di consulenza e poter svolgere, senza conflitti di interessi, il proprio lavoro.
Naturalmente bisogna rinunciare alla sicurezza del BRAND che i clienti ricercano e alla sicurezza di una retribuzione fissa.
Buon Lavoro a tutti
______________________________________________
 

Biagio Morabito
Con riguardo al'articolo "CONSULENTI FINANZIARI, VENDETE A TUTTI I COSTI di WSI" non posso che trovarmi parzialmente d'accordo aggiuggendo però che le commissioni non sono uguali quale che sia il prodotto venduto, da qui in parte la spinta a vendere il prodotto che viene meglio pagato loro, soprattutto azionario, piuttosto che il prodotto realmente adatto al cliente, si da mettere a repentaglio interi patrimoni spesso a fronte di pochi spiccioli quali le commissioni percepite dalla maggior parte dei promotori.
Non crede quindi lo scrivente, al di là del Suo diritto alla difesa d'ufficio della Sua categoria, che almeno in parte il problema possa essere semplicemente ascritto alla banale avidità e totale assenza di scrupoli di una grossa fetta dei componenti della stessa?
______________________________________________
 

Federico Bulleri, Promotore finanziario
Consiglio a tutti coloro che manifestano le problematiche inserite nell'articolo di venire a lavorare presso Finanza&Futuro Banca spa, qui vi giuro non ci sono budget asfissianti da raggiungere, bensì una grande attenzione al cliente e sopratutto la selezione dei migliori strumenti finanziari a disposizione.
Il mio è un bellissimo lavoro, ma non vuol dire che sia per tutti, arrivare è davvero difficile serve molta serietà,capacità,costanza,valutare i propri guadagni nel tempo senza pretendere di guadagnare da subito e molta fortuna! Non credo di essere una voce fuori dal coro, dipende sempre dall'informazione che si vuol dare, in sostanza per me il bicchiero è mezzo pieno!
Cordiali Saluti
______________________________________________
 

Luiz Felipe Di Cappi Correa do Lago, Promotore finanziario
Il pensiero del promotore che ha scritto e' molto forviato dall'ambiente in cui lavora o vive. Credo che tutte le aziende, piccole o grandi che siano, abbiamo e debbano avere un budget obiettivo, altrimenti ne va' della loro soppravvivenza.Tutte le aziende quotate, trimestralmente comunicano i dati raggiunti e quelli in prospettiva ( vedi budget). Non vedo perche' non lo possano fare le aziende che si che collocano titoli e/o risparmio gesitito.
Credo che il punto sia un altro : vendere si, ma non adattando tutto a tutti, ma cercando di dare ad ogni cliente cio' che e' davvero adatto al suo profilo di risparmiatore/investitore.Poi se questo coincide con gli obiettivi dell'azienda/promotore, l'accoppiamento e' perfetto.Poi ci sono banche /aziende/sim , che si distinguono per il livello professionale dei promotori finanziari : ne' e' piena l'italia, ma credo che il numero dei professionisti si molto esiguo.In particolare quelli presenti nelle banche tradizionali, ai quali, non certo per colpa loro, non viene data la preparazione porfessionale adeguata (vedi Poste ed altre banche storiche).
Chi vi scrive e' consulente/promotore finanziario da 20 anni, e credo di averne viste di tutti i colori, sia tra i promotoiri che nelle banche.Poi ci sono aziende/banche, che colgono nei loro budget, le vere esigenze del mercato, quelle esigenze che i clienti hanno ma sono latenti (vedi previdenza). Le inseriscono nel budget, ma non per dare "fregature", ma per anticipare una tendenza del mercato, che poi regolarmente si rivela reale.
______________________________________________
 

Marco Ilmoro
Purtroppo il sistema italiano è rovinato dalla continua presenza opprimente delle banche nostrane. Il sistema bancario italiano è quello che meglio risponde al termine di inefficienza. Anche perchè se è pur vero che i budget assillano banche e pf, sono questi ultimi ad avere la peggio anche in termini economici. Infatti non sempre ciò che crea ricchezza per l'istituto di credito da allo stesso modo maggiore redditività economica al pf.

 

Fonte - Wall Street Italia.com