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Macro USA e Guerra Iraq

Dall'Iraq al deficit record il Luglio nero di Bush

Macro USA

USA: recessione ufficialmente chiusa, ma ...

Micro USA

Finanza USA: Buffet, aziende barano ...

Macro USA

USA: pensioni; allarme per i conti dell'agenzia federale

 

ANSA +++ segnali discordanti dagli indicatori macroeconomici USA  +++  ANSA

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  Dall'Iraq al deficit record il Luglio nero di Bush

16 Luglio 2003   13:46  Washington  (di Vittorio Zucconi)

 

Il doppio conto, in vite umane e in tesoro pubblico, del reaganismo resuscitato da George W. Bush e dai suoi ideologi, arriva sulla scrivania del presidente, ed è un conto amaro per lui, ma soprattutto amaro per la nazione che governa. Ai telegrammi del Pentagono con le notizie dei figli colpiti in Iraq s´aggiunge ora la fattura enorme del disavanzo federale scavato da improvvidi sconti fiscali e da incontrollabili spese di guerra, che ha raggiunto i 455 miliardi e alla fine del 2004 potrebbe collezionare mille miliardi, secondo l´ufficio studi della Casa Bianca.

È un luglio nero per Bush, che vede stringersi attorno a una presidenza che in aprile sembrava inattaccabile il doppio assedio d´una guerra che non finisce e d´una ripresa che non comincia. Mentre in Iraq i soldati continuano a sanguinare e le divisioni mobilitate dai 6 mesi si vedono cancellare gli agognati e promessi ordini di rimpatrio, il buco dei conti pubblici diviene una voragine che potrebbe, se non è colmata presto, inghiottire "la capacità di formazione dei capitali privati", motore fondamentale di un´economia di mercato. E non lo dicono un parlamentare democratico in cerca di frasi a effetto o un commentatore ostile a questa presidenza.

Lo dice, ieri davanti alla commissione finanze della Camera, il prudentissimo, moderatissimo, sibillino presidente della Federal Reserve, Greenspan che aggiunge: «A questi livelli e senza inversioni, il disavanzo ha inevitabilmente un effetto destabilizzante sull´economia e sui costi del danaro». Lapalissiano, il vecchio governatore: «I tagli alle tasse funzionano soltanto se si tagliano la spese». Ma la spesa di guerra divora il tesoro e il buco si allarga. Ritorno al futuro.

La notizia dell´inabissarsi dei conti federali, che sono passati da un attivo reale di 236 miliardi di dollari nel 2000 a un passivo preventivato di almeno - "almeno" - 455 miliardi per il 2003, (un turnaround, una inversione di 691 miliardi in tre anni) non sarebbe potuta arrivare in un momento peggiore per George W. e per una Casa Bianca già impegnati goffamente a "difendere l´indifendibile", come scrive il New York Times, a tamponare le falle di credibilità aperte dal fiasco delle patacche spionistiche sull´uranio del raìs, delle armi introvabili e dal sentimento, registrato dai sondaggi, che la vittoria in Iraq stia precipitando nella prevedibilissima anarchia di sapore libanese o indocinese. Rapporti riservati, preparati da inviati speciali del ministro Rumsfeld in Iraq, indicano che il morale delle truppe sta cedendo, che il tiro al bersaglio quotidiano sta logorando una forza costruita e addestrata per fare - benissimo - la guerra "Shock and Awe", non per essere un corpo di pubblica sicurezza o un´armata di repressione antiinsurrezionale.

Questi giorni di luglio, tra le "untruths", le non verità dette dal Presidente come le ha chiamate pudicamente Newsweek e le cifre della voragine nei conti pubblici, sono il periodo più difficile attraversato da Bush da quel mattino dell´11 settembre 2001, quando gli bisbigliarono all´orecchio la notizia dello stupro di Manhattan, mentre lui parlava a un gruppo di scolaretti in Florida e il suo primo test politico, dopo la scelta militare della guerra preventiva. Un columnist del Washington Post, Broder, l´ha definita la "settimana nera", l´opposizione democratica ritrova speranze, se non ancora avversari seri da mettere in pista contro Bush nel 2004 e il solo raggio di sole per l´amministrazione è la Borsa , sulla quale il partito repubblicano sembra avere puntato tutto, per cercare una base in quella investors class, tra quei 70 milioni di americani che hanno risparmi e investimenti a Wall Street. Ma ieri anche la Borsa , dopo avere ascoltato Greenspan, ha frenato.

La difesa della Casa Bianca è rispondere che tutto è soltanto un polverone partigiano sollevato dai liberals, che in America, dove l´anatema "comunista" non funziona più da anni, sono l´esorcismo contro le critiche. Ma se l´opposizione trova effettivamente nelle amare notizie che vengono dall´Iraq e nei 3 milioni di disoccupati prodotti dalle recessione cominciata nel marzo del 2000, materiale per il suo timido risveglio, le cifre dei bilanci finanziari e dei costi umani non sono opinabili.

È stato Donald Rumsfeld, davanti alla commissione forze armate, ad ammettere che le divisioni di prima linea, soprattutto quella Terza di Fanteria che entrò a Bagdad per rovesciare il monumento di Saddam, non potranno essere richiamate, che il numero di 146mila e 500 militari dispiegati in Iraq non potrà essere ridotto, perché i complementi e gli ausiliari elemosinati da altre nazioni, addirittura anche da Honduras e Guatemala che ne manderanno mille, non bastano e le migliaia di uomini richiesti all´India sono stati negati dal governo di New Delhi, che, a differenza del governo italiano o delle repubbliche centroamericane, rifiuta d´impegnare forze armate senza il mandato Onu.

Non sono state le opposizioni a dire che il costo di 2 miliardi di dollari al mese previsto per la ricostruzione dell´Iraq è già salito al doppio, a 3,9 miliardi e non ci sono date di scadenza. Lo ha detto, di nuovo, il segretario alla Difesa, spiegando che potrebbero essere necessarie ulteriori truppe americane per riportare una parvenza d´ordine e impedire quello che il rapporto riservato sul tavolo di Rumsfled definisce "il continuo saccheggio su scala industriale compiuto da bande di mafiosi che spadroneggiano in Iraq", mentre gli squadristi superstiti di Saddam e del partito Baath tormentano i soldati e ricattano la popolazione. Anche la provata bravura di Karl Rove, il "cervello" politico della presidenza Bush, non basta più a bloccare con immagini e scenografie la crisi di fiducia che ora stringe la Casa Bianca dal doppio fronte della Mesopotamia e dell´economia. Per quasi due anni, fino a questa black week di luglio che combina il peggio dei deficit spending cari alla sinistra con il body count del Vietnam nixoniano, Bush aveva navigato sull´onda di marea della emozione per lo sfregio dell´11 settembre, ottenendo una commossa e doverosa disciplina politica e giornalistica. Ma la marea si sta esaurendo.

Tra il diario di una guerra diventata guerriglia senza luce alla fine del tunnel e la conferma che i soliti «segni di ripresa» annunciati ieri da Greenspan sono invisibili nella vita quotidiana dei cittadini, la spinta propulsiva dell´11 settembre sembra esaurita. Mancano un anno e 4 mesi alle elezioni, un´era geologica, in politica. Se i costi del danaro, l´indice di disoccupazione e il bollettino dei caduti in Iraq dovessero crescere in parallelo, si riaprirebbe inaspettatamente una stagione politica che in America pareva pietrificata nell´angoscia e nel ricatto di quel terrificante giorno di settembre.  

La Repubblica

 

 

 

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  USA: recessione ufficialmente chiusa, ma economia incerta

27 Luglio 2003   20:37  Roma  (Ansa)

 

La recessione negli Stati Uniti è cominciata a marzo del 2001, quindi prima dell'attacco alle Torri Gemelle, ed è finita otto mesi dopo a novembre dello stesso anno. Questo tuttavia non vuol dire che l'economia americana sia completamente "guarita" tornando in condizioni favorevoli o di normale capacità operativa. E' il verdetto degli studiosi del National Bureau of Economic Reserach (Nber), ritenuti gli arbitri per quanto concerne entità e durata dei periodi di recessione negli Usa.

 Al di là delle indicazioni che hanno ufficialmente chiarito i tempi dell'ultima recessione,la prima dopo 10 anni di espansione economica, restano ancora in piedi dubbi e incertezze sulle attuali condizioni di salute dell'economia americana. Insomma, c'e ' la sensazione che i mali di quella crisi, peraltro risultata la meno duratura dai tempi del secondo dopoguerra, ancora non siano stati debellati. A partire dalla pesante crisi del mercato del lavoro, uno dei fattori chiave per individuare fasi recessive, che risulta ancora stagnante alla luce degli ultimi dati sulla disoccupazione che non indicano una ripresa ne' una graduale stabilizzazione della dinamica occupazionale. A giugno, il tasso di disoccupazione statunitense ha raggiunto i massimi da nove anni attestandosi al 6,4%. Un livello quindi superiore anche a quelli registrati nel periodo più "nero" del 2001. Proprio la discrepanza tra l'andamento dell'occupazione e i segnali di crescita economica, misurata in base al Pil, ha aperto più di un interrogativo inducendo gli esperti del Nber ad attendere fino ad oggi per decretare formalmente la fine della recessione del 2001. Risultava infatti difficile conciliare il fatto che a fronte di una crescita economica registrata nell'ultimo trimestre del 2001, la disoccupazione ha continuato a salire. Negli ultimi mesi, poi, i disoccupati hanno visto le loro fila ingrossarsi. Un sintomo del fatto che da quel lontano 2001 l'economia non ha marciato a dovere, o comunque non con la forza sufficiente a rimettere in moto il mercato del lavoro. 

Quanto basta per definire 'anomala' una recessione che peraltro ha presentato anche un'altra anomalia dal momento che i consumi - che incidono per tre quarti sull' economia degli Stati Uniti - non sono in effetti mai venuti meno. Del resto, da tempo gli indicatori economici Usa inviano segnali contraddittori lasciando ancora molto incerte le prospettive dell'economia a stelle e strisce. La prima incognita riguarda proprio il fatto che, ad oggi, la crisi dell'occupazione ha superato in termini di durata temporale la medesima crisi che Bush padre ha dovuto scontare nei mesi successivi alla recessione che si chiuse a marzo del 1991. (ANSA).

27 Luglio 2003   20:37  Roma  (Ansa)

 

 

 

 

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USA: i più lunghi periodi di recessione/cronologia

17 Luglio 2003   16:33   ROMA  (ANSA)

(ANSA) - ROMA, 17 LUG - Alla fase di espansione più lunga dell'economia americana, i dieci anni tra il marzo del 1991 e il marzo del 2001, è seguita una fase di recessione tra le più brevi, gli otto mesi che vanno dal marzo al novembre 2001, come ha decretato oggi il National Bureau of Economic Research. Anche se, come ha precisato il centro studi, l'economia americana non é ancora tornata a funzionare ad una "capacità normale", cioé a crescere. 

Il periodo più lungo di contrazione - la cronologia del Nber inizia nel dicembre 1854 - è stato quello che ha colpito l'economia americana tra il novembre del 1873 e il marzo del 1879. In totale 65 mesi, più dei 43 della 'grande depressione' iniziata nell'settembre del 1929 e terminata nel marzo del '33. La recessione piu' breve è stata quella compresa tra febbraio e luglio 1980, sei mesi. Il Bureau, il centro studi di Cambridge (Massachusetts) considerato l'arbitro sulla durata delle fasi dell'economia Usa - definisce come recessione "un declino significativo dell'attività diffuso nell'economia, che dura più di alcuni mesi, con effetti visibili nella produzione industriale, l'occupazione, il reddito reale, il commercio all'ingrosso e al dettaglio". La recessione comincia subito dopo che la fase di espansione ha raggiunto il suo picco e spesso, ma non sempre, corrisponde alla classica definizione di due trimestri consecutivi di calo del pil reale. L'espansione è la fase normale dell'economia ed è più lunga della contrazione. 

Oltre ai 120 mesi del ciclo 1991-2001, il Nber registra i 106 mesi tra il marzo 1961 e il dicembre 1969 e gli 80 tra il luglio 1938 e il febbraio 1945. Ecco una tabella con i periodi più lunghi di recessione dell'economia degli Stati Uniti (il mese della prima colonna indica il picco della fase di espansione che precede la contrazione):

 

mese inizio anno inizio mese fine anno fine Durata
         
Giugno 1857 Dicembre 1858 18 mesi
Aprile 1865 Dicembre 1867 32 mesi
Giugno 1869 Dicembre 1870 18 mesi
Ottobre 1873 Marzo 1879 65 mesi
Marzo 1882 Maggio 1885 38 mesi
Dicembre 1895 Giugno 1897 18 mesi
Giugno 1899 Dicembre 1900 18 mesi
Settembre 1902 Agosto 1904 23 mesi
Gennaio 1910 Gennaio 1912 24 mesi
Gennaio 1913 Dicembre 1914 23 mesi
Agosto 1929 Marzo 1933 43 mesi
 

USA: RECESSIONE DURATA 8 MESI, FINITA NOVEMBRE 2001 --- 17 Luglio 2003  15:29  ROMA  (ANSA) --- USA: RECESSIONE DURATA 8 MESI, FINITA NOVEMBRE 2001 ---

 

 

 

USA: recessione durata 8 mesi, finita a Novembre 2001

 

(ANSA) - ROMA, 17 LUG - Il NBER ha quindi scritto la parola fine nell' ambito di una vicenda che si trascinava da parecchi mesi e che riguardava appunto la fine a tutti gli effetti della recessione che ha colpito gli Usa nel 2001, mai formalmente decretata fino ad oggi, nonostante i dati congiunturali per loro conto già l' avessero data da tempo per seppellita. 

Nel novembre del 2001 lo stesso NBER aveva peraltro ufficializzato il fatto che gli Usa fossero entrati in recessione a marzo di quello stesso anno, lasciando però successivamente appunto in sospeso la sentenza sulla conclusione della fase recessiva. In genere, il NBER peraltro si pronuncia su una fase di recessione o di ripresa solo dopo parecchi mesi, non meno di sei. Lo stesso National Bureau aveva aspettato fino al dicembre 1992 per decretare che la congiuntura americana aveva toccato il suo livello pù basso nel mese di marzo del '91. 

Al di la' dell' ufficializzazione della fine della recessione, che in ogni caso è stata piuttosto anomala, in quanto in questo periodo i consumi - componente essenziale per l' andamento dell' economia negli Stati Uniti - non sono in effetti mai venuti meno, contano peraltro altre indicazioni date sempre oggi dal NBER. Gli economisti infatti hanno rilevato che non sono pervenuti alla conclusione che la situazione economica, a partire appunto dal novembre del 2001 in cui la recessione si é chiusa, sia tornata ad essere "favorevole o che l' economia abbia recuperato una normale capacità operativa". Considerazioni, queste ultime, che lasciano irrisolte tutte le incertezze sulla 'salute' attuale dell' economia a stelle e strisce. (ANSA).

   

17 Luglio 2003   15:29   ROMA  (ANSA)

 

 

 

 

 

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  Finanza USA: Buffet,aziende barano con i fondi pensione

17 Luglio 2003   13:00  Roma  (Ansa-Bloomberg)

Il guru degli investitori Warren Buffett intraprende un' altra crociata a favore di Corporate America; dopo le ultime battaglie che esortavano a spesare le stock options ed evitare i derivati, considerati delle "bombe ad orologeria", il magnate si getta sul terreno dei fondi pensione, e di regole contabili piuttosto singolari che "incoraggiano a barare". 

Secondo gli attuali standard contabili, le società Usa hanno la possibilità di iscrivere come utili in bilancio i ritorni attesi dagli investimenti dei fondi pensione, aumentando così la voce degli utili del gruppo, mentre in realtà gli stessi fondi si trovano in una situazione di 'rosso'. Un esempio: General Electric ha rilevato lo scorso marzo, diffondendo il bilancio annuale, che i suoi fondi pensione avevano contribuito per 806 milioni di dollari agli utili ante imposte 2002. Ma a margine del rapporto si poteva anche leggere come attualmente i fondi pensione di GE siano in perdita per 5,25 miliardi di dollari, ovvero il 29% degli utili ante imposte del gruppo. 

Le attuali regole contabili sui fondi pensione, in vigore dall' '85, sono state pensate per attutire l' impatto della volatilità dei mercati azionari sugli investimenti dei fondi. Non solo Buffett si è accorto, comunque, che queste regole portano a distorsioni e possibili inghippi ai danni degli investitori; a marzo scorso il presidente della Fasb (Financial Accounting Standards Board), ha osservato come le regole andrebbero cambiate, per riflettere il reale andamento dei fondi pensione. "Ma non è interesse dei manager vicini alla pensione (e che presumibilmente hanno nelle loro mani il timone delle aziende) - osserva Buffett - cambiare le regole, e dare un quadro nero dei bilanci societari negli ultimi anni che ancora restano da trascorrere al ponte del comando. Sarebbe un pò dura per loro". Intanto, Buffett ha già proposto a inizio 2002 un compromesso, quello che egli stesso utilizza nel suo braccio finanziario, il Berkshire Hathaway: abbassare al 6,5% la stima dei ritorni stimati annualmente dai fondi pensione. Il suo appello è rimasto però inascoltato, visto che le aziende hanno tenuto nell' anno la stima dei guadagni sui fondi pensioni all' 8,8%, già comunque in calo rispetto al 9,2% che era il tasso medio del 2001.(ANSA).

17 Luglio 2003   13:00  Roma  (Ansa-Bloomberg)

                                     

 

 

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  USA: pensioni; allarme per i conti dell'agenzia federale

23 Luglio 2003   19:38  Roma  (Ansa-Bloomberg) 

 

Le indiscrezioni riportate oggi dal New York Times hanno avuto conferma; il General Accounting Office ha deciso infatti di includere l' Agenzia Federale, cioé l' organismo che ha il compito di assicurare i piani pensionistici aziendali negli Stati Uniti, fra quelli definiti "ad alto rischio" a causa della sua preoccupante esposizione finanziaria. Il Pension Benefit Guaranty è finito di conseguenza nella lista nera del Gao, in quanto si trova di fronte alla poco edificante prospettiva di dover far fronte ad oneri per circa 35 miliardi di dollari, come conseguenza del 'crack' accusato dai fondi pensionistici Usa, per via sopratutto del crollo degli indici di Borsa degli ultimi anni. 

Nello scorso mese di aprile l' Agenzia aveva un deficit di 5,4 miliardi di dollari, il più consistente nella sua storia, a causa delle situazioni di bancarotta che hanno colpito in particolare le compagnie aeree e le aziende siderurgiche. I piani pensionistici garantiti dal Fondo sono in tutto circa 30mila e riguardano 35 milioni di persone. A questo punto, dopo l' inclusione nell' elenco delle operazioni governative definite appunto a rischio particolarmente elevato, la situazione dell' Agenzia sarà esaminata dal Congresso, alla ripresa dei lavori a settembre. Ma é già scattato l'allarme-pensioni negli Usa, ed il segretario al Lavoro, Elaine L. Chao, ha affermato in una nota che si potrebbe rendere indispensabile una "riforma complessiva delle nostre regole di finanziamento del sistema previdenziale". L' Agenzia Federale aveva già registrato un disavanzo di 3,6 miliardi di dollari nel 2002, mentre l' anno precedente aveva avuto un attivo di 7,7 miliardi di dollari. Nel 2000, il saldo attivo era stato pari a 9,7 miliardi di dollari. La causa maggiore del deficit è da ricondurre appunto al fatto che molte aziende statunitensi sono finite in Chapter 11, inoltre il crollo del mercato azionario e la discesa dei tassi d' interesse hanno fatto il resto, assieme alle debolezze riscontrate negli attuali meccanismi di funzionamento dell' intero sistema.(ANSA).

 

23 Luglio 2003   19:38  Roma  (Ansa-Bloomberg)